Io, la tipica italiana scappata in Germania: così la mia felicità è a tempo determinato

Il racconto del trasferimento nel Paese «preferito» dai nostri connazionali

Io, la tipica italiana scappata in Germania: così la mia felicità è a tempo determinato

«Papà mi hanno presa a lavorare in Germania». Silenzio di sgomento. «Ho capito andrai a fare il Gasterbeiter».

Sì, proprio quello: il lavoratore ospite, l'emigrato, l'emarginato. Perché adesso come negli anni '50 in Germania la manodopera straniera è pagata meno di quella dei «crucchi». Spagnoli, italiani e portoghesi sono i primi ad essere mandati a casa e gli ultimi, a parità di mansioni, a vedersi alzare lo stipendio. Ma ce lo facciamo andar bene perché la paga, in Italia, sarebbe comunque più bassa.

Sì papà, proprio quello: il residente italiano all'estero che sta bene dove sta, nonostante il tempo bigio, il freddo mordace e la pioggia insistente. Insistiamo noi a restare perché in Germania ti rifugi dal freddo in case che costano poco. A Berlino con 400 euro trovi una camera discreta in una zona centrale e con 700 un bell'appartamento per due. Con contratto ovviamente.

Sì, vado a fare l'italiano all'estero che nonostante il fiero retaggio delle origini terrone si adatta alle dure abitudini nordiche. Si adatta a una burocrazia tedesca meno fluida e digitalizzata di quello che si pensa, fatta di scartoffie da riempire, appuntamenti da rispettare e di navette tra diversi palazzi. Ma, alla fine, ci adattiamo a questa bizantina amministrazione perché la preferiamo alla moltitudine di vie della burocrazia italiana.

Sì, papà, vado a crautizzarmi. Perché anche se mi possono licenziare - e lo fanno - con un preavviso di due settimane so che in un mese avrò un'altra scrivania a mia disposizione. E anche se lo Stato tiene per sé parecchi soldi dal mio brutto (lordo) al netto, tutti i giorni vedo i risultati di quel brutto, trasformato in bello, sicuro, funzionale. E sai cosa fanno qui le persone quando vengono licenziate? Vanno in vacanza non sentendosi sconfitte.

E sì, papà, aggravo l'emorragia, ma non quella dei talenti. L'emorragia in corso, per me, è di laureati normali. Ormai se sappiamo tre lingue e prendiamo 110 e lode non possiamo chiamarci talenti, ma laureati qualunque. E così noi qualunquisti sfuggiamo e ci rifugiamo da quello che l'Italia non riesce ad offrirci. E, alla fine, ci riduciamo ad essere quelli vanno in vacanza in Italia, nei week-end di maggio e che arrivano in spiaggia bianchi, come i crucchi.

E se tutto questo ancora non ti convince, papà, il bello della Germania è che non si respira un'aria logorata e

affaticata come quella londinese e neppure estremamente distesa come quella spagnola. L'atmosfera è viva, ma non stanca, ti rifocilla ma non ti ingozza.

L'unico lavoro che spero sia a tempo determinato? Quello del Gasterbeiter.

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