Islam e fratelli-coltelli È solo la prima puntata

di Magdi Cristiano Allam

E rano in realtà tesi da decenni i rapporti tra Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Bahrain che ieri, insieme a Yemen e Maldive, hanno annunciato la rottura dei rapporti diplomatici con il Qatar, perché «sostiene e protegge numerosi gruppi terroristici che mirano a destabilizzare la regione, come i Fratelli Musulmani, l'Isis e al Qaida». Facendo leva sul comune orientamento wahabita, una visione radicale dell'islam, l'Arabia Saudita avrebbe voluto annettersi il Qatar, prima della sua indipendenza il 3 settembre 1971, una protuberanza del suo territorio con soli 2 milioni di abitanti di cui gli autoctoni sono appena 300mila, con i più ricchi giacimenti di gas al mondo. Ciò che ha fatto esplodere il conflitto con l'Egitto è stata la scelta del Qatar di diventare il principale finanziatore dei Fratelli Musulmani, il movimento estremista islamico nato in Egitto nel 1928. Nel 1996 il Qatar diede vita alla prima tv satellitare panaraba, Al Jazeera, trasformandola nel megafono dei Fratelli Musulmani e di Al Qaida. Fu per contrastare Al Jazeera che nel 2003 gli Emirati Arabi e l'Arabia Saudita lanciarono Al Arabiya, affidando la direzione al giornalista saudita laico Abdel Rahman al-Rashed, di cui Oriana Fallaci si invaghì per aver scritto che «non tutti i musulmani sono terroristi, ma gran parte dei terroristi sono musulmani». Il colpo grosso il Qatar, con la Turchia di Erdogan che è il principale sostenitore politico dei Fratelli Musulmani, lo mise a segno quando in Egitto, tra il 30 giugno 2012 e il 3 luglio 2013, divenne Capo dello Stato Mohammad Morsi, uno dei leader dei Fratelli Musulmani. Dopo la sua deposizione da parte dell'Esercito, assecondando la protesta di 25 milioni di egiziani, il nuovo uomo forte Abd al-Fattah al-Sisi ha messo fuorilegge i Fratelli Musulmani. Da allora l'Egitto è sconvolto dal terrorismo scatenato sia dai Fratelli Musulmani sia dall'Isis nel Sinai. Per contenere le mire annessioniste dell'Arabia Saudita, il Qatar ha sia stretto rapporti militari rilevanti con gli Stati Uniti, ospitando la più grande base aerea americana in Medio Oriente e la sede della Quinta Flotta, sia soprattutto mantenuto aperto delle relazioni significative con l'Iran, nemico giurato dell'Arabia Saudita, che condanna gli sciiti come eretici, ma anche degli Emirati Arabi che denunciano l'occupazione militare iraniana di tre sue isole, Abu Musa, Grande e Piccola Tunb. Quindi è una storia di «fratelli-coltelli» quella culminata con il boicottaggio del Qatar, mentre in realtà è del tutto trascurabile la sua appartenenza al «Consiglio di Cooperazione del Golfo», ribattezzato enfaticamente la «Nato araba», perché si tratta di un'alleanza del tutto formale ma senza alcuna concretezza tra sei Paesi arabi del Golfo. È possibile che l'Arabia Saudita voglia ottimizzare il tornaconto dei 110 miliardi di armi dati a Trump, obbligando gli Stati Uniti a trasferire il loro quartier generale dal Qatar, e a isolare il più possibile l'Iran. Di certo s'imporrà una drastica revisione della strategia sia della guerra scatenata contro il regime siriano di Assad, sia della guerra al terrorismo islamico.

Soprattutto perché l'aver colpito così duramente il Qatar è un messaggio, neppure così velato, alla Turchia di fatto, l'artefice del mostro dell'Isis anche se poi gli si è ritorto contro. Insomma tutto lascia presagire che siamo solo alle prime battute di altri colpi di scena in un Medio Oriente pronto ad esplodere, con le inevitabili ripercussioni in Italia e in Europa.

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