Non c'è il testo nero su bianco, ma il sottotesto è più che sufficiente per capire che la Francia sta dichiarando guerra al cosiddetto «separatismo islamista». E, più in generale, all'islam politico e al suo «progetto» di espansione nella società. L'atteso e a lungo rimandato discorso sull'islam, tenuto ieri da Emmanuel Macron, dà inizio al percorso di «risveglio repubblicano», come lui stesso lo definisce; fin troppo a lungo procrastinato. Un inedito che fa seguito agli eventi dei giorni scorsi: dall'attacco della ex sede di Charlie Hebdo, alle minacce di al Qaida contro i giornalisti del settimanale, ai testimoni del processo per gli attentati del 2015.
Certo, precisa Macron: bisogna «lottare contro la deriva di qualcuno, non stigmatizzare un'intera religione». Ma una parte preponderante dell'islam è bersaglio del discorso programmatico pronunciato ieri in una banlieue nell'Yvelines, davanti a sindaci, prefetti e apparati di sicurezza. Dietro l'inquilino dell'Eliseo, due maxi scritte: «Liberté, égalité, fraternité». Slogan-simbolo dietro cui trincerare una battaglia difficile che il presidente sceglie di combattere (anche contro parte della sua compagine di governo) lanciando un durissimo j'accuse: «C'è nell'islamismo radicale una volontà rivendicata e un'organizzazione metodica per creare un ordine parallelo e, nel lungo periodo, di prendere il controllo completo (della società, ndr). La tentazione radicale, a un jihad, al Califfato territoriale, questa crisi che l'islam vive in ogni parte del mondo, ci tocca. Salafismo, Wahabismo, Fratelli musulmani hanno portato messaggi di rottura, un progetto politico, la negazione dell'uguagliuanza uomo-donna». Una presa d'atto che spinge l'Eliseo a correre ai ripari partendo dall'Istruzione.
«Le scuole devono formare dei cittadini, non dei credenti», dice Macron dopo che le autorità hanno scoperto plessi «clandestini» con obbligo di preghiera e personale in niqab. A partire dal prossimo anno, il presidente annuncia l'iscrizione obbligatoria nelle scuole pubbliche dai 3 anni, salvo necessità di lezioni «private» per motivi di salute. Anche sul velo l'auspicio di Macron fa discutere: «Non posso vietarlo per la strada, ma i nostri figli, i nostri studenti, orsù niente velo! Né gli insegnanti, né gli allievi». Poi precisa: «La laicità non significa cancellare ogni traccia di religione», però lo Stato, annuncia, avrà il potere di ribaltare le decisioni degli enti locali che cedono alle pressioni dei musulmani, vedi quei «menù confessionali nelle mense o la separazione tra uomini e donne nelle piscine come in Seine-Saint-Denis o Normandia». È la messa al bando delle richieste dell'islam politico che per anni la Francia ha assecondato.
Macron stigmatizza non solo il terrorismo, ma tutti quei musulmani che abbracciano scelte «anti-repubblicane», fino all'associazionismo islamico su cui annuncia una stretta. Nella nuova legge che sarà presentata a dicembre in Cdm, anche la fine dell'Elco, l'educazione linguistica e culturale vantata dagli anni '70 che consente ai figli degli immigrati di studiare con insegnanti reclutati e retribuiti dai Paesi di origine. Si cambia, assicura Macron, consentendo alla République di avere il controllo sui docenti per «liberare l'islam in Francia da influenze straniere». Stop a scuole religiose degli imam: l'arabo potrebbe entrare nelle scuole.
E scatterà, per gli autisti degli autobus (e per chi lavora nel pubblico), il dovere della «neutralità». Magari per scongiurare episodi recenti come quelle donne a cui fu impedito di salire sui mezzi pubblici perché indossavano una minigonna.
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