Padova Uccise la figlia a bastonate perché troppo occidentale e ora il padre padrone è stato espulso. In lui ci sarebbe ancora profondamente radicato l'islam. Era il 25 settembre del 2004 quando Mohammed Lhasni, marocchino, di religione musulmana, che viveva a Grantorto, nel padovano, aveva colpito con pugni, calci e bastonate la figlia Kaoutar di anni 19. Le bastonate furono talmente forti da fracassarle le ossa. La giovane morì dopo un'ora e mezza di agonia, soffocata dal suo stesso vomito e completamente sanguinante per le ferite provocatele. La sua «colpa» era quella di essersi innamorata di un uomo diverso da quello che il padre le aveva predestinato. Il fatto viene ricordato come l'omicidio di Grantorto e l'uomo, che all'epoca faceva il saldatore in una azienda di Carmignano di Brenta, venne condannato con rito abbreviato a 15 anni di reclusione poi ridottisi. Ora, dopo averne scontati dieci, per omicidio volontario, a fine 2014 è uscito dal carcere.
Come riporta Il Gazzettino attualmente si trovava in Italia come clandestino, girovagava senza lavoro tra i paesi dell'alta padovana. Il 27 giugno scorso il questore aveva firmato la revoca del permesso di soggiorno dell'uomo e addirittura un ricorso contro il provvedimento risulta pendente al tribunale ordinario. Ma pochi giorni fa, per lui, le danze si sono concluse. I carabinieri lo hanno rintracciato e su disposizione di un decreto del prefetto, l'uomo è stato rimpatriato. L'altra sera, il sessantaquattrenne marocchino è stato accompagnato all'aeroporto Marco Polo di Tessera e rispedito nel proprio paese di origine. Il giudice di pace, nella convalida del decreto prefettizio, ha ritenuto che nel padre padrone Lhasni siano rimaste profondamente radicate le convinzioni culturali e religiose che, dodici anni fa, lo avevano portato a uccidere la figlia. E anche per i carabinieri il suo contesto socio culturale sarebbe incompatibile con i principi fondanti della Repubblica Italiana. E la storia che questa famiglia ha alle spalle è assai triste. Il padre violento e spesso ubriaco, picchiava moglie e figli, e aveva già venduto la diciannovenne Kaoutar in sposa per 5 mila euro a un parente residente in Marocco. Ma la ragazza non ne voleva sapere e si era innamorata di un altro giovane, operaio in una azienda tessile.
Secondo il padre la figlia era troppo «occidentale», tanto da disonorarlo e mancargli di rispetto e ogni volta che si parlava di quella relazione, per lei erano botte. Pesanti, sanguinanti. Quella sera, dopo cena, l'ennesima lite. Le urla disperate di Kaoutar, i pianti, i gemiti, finiti tutti nell'ultimo sospiro. Quello di chi ha provato a cambiare ma ha pagato con la morte.
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