I carri armati israeliani entrano sempre più in profondità a Rafah, nel sud di Gaza. Le truppe avanzano verso il centro e a ovest della città, mentre un nuovo ordine di evacuazione è stato lanciato dall'esercito (Idf) a chi vive a nord della Striscia, per le operazioni in corso a Jabalya. I combattimenti contro Hamas imperversano in ogni angolo dell'enclave, Gaza City inclusa. A Nuseirat, nel centro di Gaza obiettivo di raid israeliani che nella notte hanno provocato almeno 36 morti, è stata colpita anche una scuola dell'Unrwa, l'agenzia Onu, considerata una sala comando di Hamas: 15 terroristi uccisi. I razzi degli integralisti palestinesi, d'altra parte, continuano a puntare su Israele, verso Sderot e Ashkelon, nel sud, e verso la Galilea, a nord. Intercettati, non provocano vittime né feriti. Ucciso invece un civile e feriti 5 soldati per i missili degli Hezbollah libanesi, ai quali Israele risponde con raid e l'eliminazione di un miliziano. Ma è l'escalation militare a Rafah, dove sono ammassati oltre un milione di civili, a spaventare la comunità internazionale e a «sconvolgere» il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres. Secondo fonti della Cnn, Israele ha ammassato abbastanza truppe ai margini di Rafah, per procedere con un'incursione su vasta scala nei prossimi giorni, ma non è certo che la decisione sia stata presa.
Per i palestinesi, per cui oggi ricorre l'anniversario della Nakba - la «catastrofe» dell'esodo forzato di 700mila arabi palestinesi dai territori occupati nella prima guerra arabo-israeliana del 1948 - è una nuova sciagura. In 450mila sono già fuggiti da Rafah in poco più di una settimana, da quel 6 maggio in cui Israele ha ordinato di lasciare la zona. Ancora pochi giorni e i tragici numeri della Nakba saranno superati.
Nel 76esimo Giorno dell'Indipendenza d'Israele, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha visitato i soldati feriti all'ospedale di Ramat Gan, periferia di Tel Aviv, e spiegato che lo ispirano a «continuare a combattere fino alla vittoria». «Non ci fermeremo e non staremo in silenzio finché i nostri figli non torneranno a casa», ha promesso il presidente Isaac Herzog, che ha ricordato i cuori israeliani «pieni di dolore e tristezza». Joe Biden ha scritto a Herzog, sottolineando la «forza e la resilienza» di Israele dopo il 7 ottobre e augurandosi «che il prossimo anno porti più pace e gioia che sofferenza».
Ma la guerra si intensifica. Il vice segretario di Stato Usa, Kurt Campbell, intervenuto al Nato Youth Summit di Miami, ha ammesso di ritenere «improbabile» che la strategia di Israele possa portare alla «vittoria totale». A soffiare sul fuoco c'è il ministro della Sicurezza e leader dell'estrema destra israeliana, Itamar Ben Gvir, che ha chiesto di ristabilire le colonie a Gaza e «incoraggiare l'emigrazione volontaria» dei palestinesi dalla Striscia.
Le tensioni crescono. La Turchia, dove Hamas pare volesse creare una base segreta per nuovi attacchi anti-israeliani in vari Paesi, paragona gli ebrei nei lager ai bambini di Gaza. L'Egitto minaccia di declassare le relazioni diplomatiche con Israele. Un accordo sugli ostaggi sembra un miraggio.
Il Qatar è costretto ad ammettere che i colloqui di pace sono in stallo sia per l'offensiva a Rafah che per le differenze sostanziali fra Hamas «che vuole la fine della guerra per poi parlare degli ostaggi - ha spiegato il premier Mohammed Al Thani - e lo Stato ebraico che «vuole riportare a casa gli ostaggi e continuare la guerra».
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