Israele colpisce gli Houthi: "È guerra". A Gaza morta di freddo una neonata

Netanyahu: "Avanti finché il lavoro non è finito". Attacchi nella Striscia: morti 5 reporter. Lontana l'intesa sui rapiti

Israele colpisce gli Houthi: "È guerra". A Gaza morta di freddo una neonata
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Si alzano i decibel della crisi in Medioriente. Prima i colpi sullo scalo portuale di Hodeida, poi altri bombardamenti israeliani sulla capitale dello Yemen, Sana'a, in risposta ai lanci di missili ipersonici scagliati dagli Houthi contro lo Stato ebraico. Rispetto all'attendismo dei giorni scorsi, con centinaia di israeliani costretti in piena notte a rifugiarsi nei bunker per la pioggia di droni, il premier Netanyahu ieri ha impresso un'accelerazione all'altra guerra: contro le milizie yemenite finanziate dall'Iran. E si prepara ora alla possibile rappresaglia alzando il livello di allerta dei sistemi di difesa aeronautica.

Sotto le colonne di fumo, almeno una decina di attacchi ieri hanno preso di mira anche l'aeroporto della capitale yemenita dov'era presente anche il numero uno dell'Oms Ghebreyesus che si è salvato per miracolo. Almeno 4 morti e 21 feriti, secondo la tv Al Masirah. Raid rivendicati da Netanyahu e conditi da un messaggio alle milizie filo-iraniane e alla comunità internazionale: «Siamo determinati a sradicare questo braccio terroristico dell'asse del male iraniano», ha detto Bibi, tracciando una strategia tesa a ridimensionare tutti i rischi provenienti dai tentacoli iraniani. «Continueremo finché non avremo finito il lavoro».

Dopo aver pressoché azzerato la capacità militare di Hamas a Gaza, anche grazie a un terzo corridoio militare in via di finalizzazione nella zona settentrionale, e aver contenuto quella di Hezbollah in Libano, due giorni fa era arrivata la promessa di Netanyahu: «Anche gli Houthi impareranno ciò che hanno imparato Hamas, Hezbollah, Assad e altri». Ieri il ministro della Difesa Katz ha confermato che Israele «darà la caccia» a tutti i leader Houthi, la terza «H» minacciosa. Lunedì si riunirà il Consiglio di sicurezza dell'Onu per valutare gli sviluppi della crisi. Ma intanto sul campo si continuano a contare i morti. Nella Striscia, 38 persone uccise in 48 ore; oltre 45mila vittime in 448 giorni di guerra, secondo Hamas. Centrato ieri anche un furgone con a bordo 5 reporter della tv al-Quds affiliata alla Jihad islamica, l'altra organizzazione terroristica della Striscia. Per l'Idf, le forze armate israeliane, un «attacco mirato» nei pressi dell'ospedale a Nuseirat, nel centro di Gaza: «Erano terroristi travestiti da giornalisti, adottate misure per mitigare il rischio di ferire i civili, munizioni di precisione, sorveglianza aerea».

Alle morti per «attacchi a cellule terroristiche», si aggiunge quella di una neonata perita nella notte di Natale a causa del freddo in una tendopoli per sfollati nell'area di Khan Younis, nel Sud, e di un altro infante ieri, portando a 4 i bimbi assiderati in 72 ore causa di temperature crollate a zero gradi. «Notizie che dovrebbero spingerci a chiedere la fine della guerra, rifornimenti invernali per Gaza e il rilascio completo degli ostaggi», ha scritto su X l'ambasciatore tedesco in Israele. Non si registrano però progressi nella trattative per la liberazione dei rapiti ancora nelle mani di Hamas. Un loro funzionario ha detto al quotidiano Al-Araby Al-Jadeed di proprietà del Qatar (dove si svolgono a singhiozzo le trattative sul cessate il fuoco) che Hamas ha fornito un elenco parziale degli ostaggi rimasti vivi, e non è in grado di comunicare con tutti i gruppi che li tengono prigionieri finché Bibi non ferma i raid.

Bluff di Hamas o realtà, il premier israeliano è in difficoltà. Ieri l'ultimatum dei parenti dei rapiti: «Firmi la tregua o faremo ricorso alla Corte suprema».

Situazione politica incandescente: oltre al fronte aperto pure in Cisgiordania con vari blitz a Tulkarem (mentre in certi campi profughi tira aria di rivolta e continuano i reclutamenti di Hamas), ieri il ministro Ben Gvir (anti-arabo) è entrato nella Spianata delle Moschee di Gerusalemme, sede della Moschea al Aqsa (terzo sito più sacro all'islam).

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