Israele dovrà tornare alle urne a settembre. Kushner da Netanyahu: la pace è in bilico

Il veto di Lieberman fa saltare il governo. Per l'ex premier inizia il processo

Israele dovrà tornare alle urne a settembre. Kushner da Netanyahu: la pace è in bilico

Gerusalemme - Una nuvola di punti interrogativi si è librata sull'hotel King David di Gerusalemme quando Jared Kushner in visita in Medio Oriente per finalizzare la conferenza economica del Bahrain, un prologo con tutti gli Stati arabi all'accordo del secolo di Trump, ha abbracciato Bibi Netanayhu e i due si sono sorrisi tristi. «Un piccolo evento» ha detto scherzoso Netanyahu cha aveva appena annunciato le elezioni per il 17 settembre. Buona fortuna ha detto Kushner in ebraico: be azlaha. E ce ne vorrà a tutti e due: perché lo sforzo di spingere i palestinesi ad accettare il piano di Trump rischia grosso senza Netanyahu. Sembra incredibile, ma Bibi nonostante la vittoria elettorale è stato fatto fuori da Avidgor Lieberman, il capo assai guascone di Israel Beitenu, il partito russo, che con cinque seggi ha usato la perversione del sistema proporzionale per piantare i talloni e impedire la formazione del governo dopo che aveva promesso agli elettori che ci sarebbe entrato. Il motivo è la legge sulla leva obbligatoria dei religiosi, ma tutti sanno che è stata una scusa; che la delizia, il retaggio politico alla cui ricerca Lieberman si è avventurato, è stato lo scopo cui si è dedicata un po' meno della metà di Israele: togliere di mezzo un primo ministro carismatico.

Lieberman ha già detto che si aspetta di prendere almeno 17-18 seggi: intende cioè pescare dalla destra stufa, gelosa o arrabbiata e dalla sinistra. Lieberman ha una faccia rosea e sorridente, un Bruto grassoccio che ha semplicemente voltato faccia. La sua speranza condivisa, e per cui ora si accusa Bibi di averlo impedito per interessi personali compreso il suo processo che si avvicina, era anche che la Knesset non votasse lo scioglimento e il presidente Rivlin potesse dare il mandato a Benny Gantz. Ma la Knesset non è arrivata a questo. Il Likud aspetta di riaprire la partita alle prossime elezioni, ma chissà. Bibi combatterà per vincere ed è realistico che ce la faccia, forse anche allargandosi: investirà molto nella propaganda in lingua russa per distruggere Lieberman. Ma tutto è possibile. La sinistra e anche Liberman hanno già ricominciato ad accusarlo nello stile della campagna elettorale durissima appena chiusa.

Non è detto che si consolidi Benny Gantz che è stato sovrastato dagli eventi, conservando un profilo poco decisivo. Semmai può anche darsi che il pubblico abbia capito che i voti ai piccoli partiti possono portare il caos. I religiosi, che sotto l'attacco di Lieberman hanno conservato un tono quieto e desideroso di evitare le elezioni, probabilmente hanno acquistato un po' di fiducia. Lieberman ormai si configura come il leader laico per eccellenza, ma vive nei territori, e ha posizioni durissime con i palestinesi. Per la sinistra, non va.

Bibi deve di nuovo dedicarsi alle elezioni mentre l'antisemitismo impazza, i Paesi del lontano oriente come la Cina e l'India gli lanciano segnali d'amicizia, i paesi arabi sunniti vogliono un processo di pace, l'Iran è in crisi verticale, l'Europa sta velocemente cambiando e potrebbe

diventare più amichevole. Netanyahu ha messo molta carne al fuoco, specie quella del pic nic con Trump nella speranza di pace. Speriamo che non si bruci tutto, di fatto è la democrazia israeliana che ha preso una sventola.

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