Israele e Usa, blitz anti-Isis. Bibi: "Il Golan sarà nostro"

L'Idf in Siria (non accadeva dal 1973), l'ira dell'Egitto. Bombe sugli arsenali. Raid turchi sui curdi. Trump a Putin: «In Ucraina ha perso»

Israele e Usa, blitz anti-Isis. Bibi: "Il Golan sarà nostro"
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Speranza, paura e molta cautela. Così il mondo guarda alla transizione del potere in Siria dopo la caduta del regime di Assad. La speranza di una svolta democratica e pacifica, la paura di un nuove regime islamista, la cautela nel vedere giorno dopo cosa succede e interpretare i segnali che arrivano da Damasco. Il nuovo leader Al-Jolani si sta muovendo con attenzione e i suoi primi passi fanno ben sperare: la nomina di un nuovo premier per la transizione, la promessa del rispetto delle minoranze e alcuni atti non scontati come l'amnistia ai soldati del deposto regime. Con le spine delle azioni di Israele, Usa e Turchia per cercare di eliminare le scorie jihadiste e ristabilire equilibri di forze vecchi di decenni mentre Nato e Ue attendono così come i civili e le milioni di profughi di ritorno che sognano una vita normale a casa propria.

Il primo passo di Al-Jolani è stato la nomina di Mohammed Al-Bashir, attuale premier della provincia di Idlib, per formare un nuovo governo che gestisca la fase di transizione dopo un colloquio, pacifico, con l'ex premier del regime siriano Mohamed al-Jallali. Classe 1983, una laurea in Ingegneria elettrica ed elettronica ed una in Sharia e diritto presso, è considerato un moderato ma anche lui andrà valutato alla luce dei fatti. Intanto i ribelli al potere hanno annunciato un'amnistia generale per tutto il personale militare arruolato durante il regime del deposto presidente Assad. «Le loro vite sono al sicuro e nessuno può aggredirle», ha affermato il comando armato del gruppo, un gesto di distensione nel solco della ricerca della presentabilità internazionale. Anche perché le ripercussione di ciò che accade in Siria sono molte.

Sulla Russia storica alleata di Assad, che lo ha ospitato in casa propria per esempio, al punto che il presidente americano eletto Donald Trump coglie la palla al balzo e lancia un messaggio a Putin: «Ha perso la guerra in Ucraina, è arrivato il momento per la pace, anche Zelensky vuole un cessate un cessate il fuoco», ha detto, manifesto di quello che potrà essere l'immediato futuro, mentre i pochi soldati di Mosca rimasti lasceranno presto il Paese e la bandiera dei ribelli sventola sull'ambasciata russa. L'Unione europea ha chiesto una «transizione pacifica e inclusiva», in particolare con la garanzia delle minoranze, stesso concetto espresso dal segretario della Nato Mark Rutte. Proprio in tema di minoranze, dal nuovo fronte del potere siriano sono arrivate rassicurazioni e dalla minoranza cristiana a quella alawita sono arrivate conferme che nessuno è stato per il momento discriminato e tanto meno bersaglio di violenze. Più difficile, come sempre storicamente, la situazione dei curdi, sempre nel mirino della Turchia di Erdogan che anche ieri ha colpito alcuni insediamenti. Bombe sulla Siria sono state sganciate anche da Stati Uniti e Israele, ufficialmente per distruggere le vecchie basi dell'Isis. Ma in serata il premier Netanyahu ha spiegato la sua visione per la Siria e tutto il Medioriente. «Cambieremo il volto del Medioriente», ha detto Bibi, spiegando che ha dato ordine all'esercito di occupare le zone cuscinetto al confine come le alture del Golan, prima volta dal 1973 («sono nostre per l'eternità») e ha lanciato un monito a tutti: «Chi ci attacca è destinato a perdere». Giordania ed Egitto hanno condannato la decisione di Israele di occupare il Golan parlando di «occupazione illegale e abusiva», facendo intendere che buona parte degli equilibri del Medioriente si deciderà proprio in questa zona.

Intanto Erdogan ha deciso di riaprire la frontiera con la Siria per facilitare il ritorno dei rifugiati siriani a casa dopo anni di attesa. Sognano un Paese pacificato e democratico dopo decenni di regime totalitario e sanguinario. Proprio come il resto del mondo.

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