Israele in equilibrio fra Blinken e i ministri arabi

Il segretario di Stato Usa atteso per un vertice storico. Il nodo del nucleare iraniano

Israele in equilibrio fra Blinken e i ministri arabi

Traffico strategico vicino all'ingorgo, equilibrismi inusitati. Si tratta per i Paesi Mediorentali di compiacere gli Stati Uniti, di non dispiacere troppo alla Russia, e anche di tenere d'occhio i movimenti della Cina, che come sempre gode fra i litiganti. Per questo si sta svolgendo un evento senza precedenti: sono in arrivo in Israele, ospiti del ministro degli esteri Yair Lapid, il Segretario di Stato Americano Anthony Blinken, e i ministri degli esteri degli Emirati Arabi, del Marocco e del Bahrain.

Solo tre giorni fa Naftali Bennett, il primo ministro israeliano ha incontrato a Sharm el Sheich Abdel Fattah al Sisi, il premier egiziano, e il principe di Abu Dabi, Mohammed bin Zayed. Israele, da qualche settimana entrata nell'empireo dei mediatori della questione ucraino-russa, forte del suo rapporto complesso ma non infelice con Zelensky e con Putin, adesso sale a un cielo più alto: quello dei rapporti degli Usa col mondo arabo in uno scenario in cui ogni guerra e ogni pace sono possibili. Il rapporto degli Usa col Medio Oriente soffre dell'intreccio fra la politica internazionale americana, che ha mostrato la sua debolezza abbandonandolo a sè stesso, come si è visto in Siria e in Afghanistan, e l'imminente firma dell'accordo atomico col peggiore nemico esplicito di tanti Paesi Mediorentali, l'Iran. Primo fra i suoi obiettivi Israele, che però è ben preparato sul fronte della sicurezza, solido amico degli americani e nello stesso tempo legato ai Paesi arabi sunniti da un nuovo patto di immenso valore. Di questo si parla al summit di questo weekend. Blinken vuole che i Paesi mediorentali si allineino a lui nel momento dello scontro internazionale. Ma, incurante e intento all'Iran, ha lasciato spazio alla Russia: gli Emirati, richiesti dagli Usa di aumentare la produzione di petrolio, hanno rifiutato. Hanno detto «no», poi quando Biden ha presentato all'Onu la risoluzione contro l'invasione russa, e solo la mediazione israeliana ha impedito una defezione in Assemblea Generale.

Per gli Usa è stato un affronto l'invito a Assad negli Emirati, una scandalosa riabilitazione. I paesi sunniti sono cauti nel rompere con la Russia, che ha l'esercito piazzato in Siria. E gli Usa hanno giocato con leggerezza dando per scontata la loro fedeltà. Nel settembre scorso Biden ha sgomberato i Patriot dal Golfo Persico, dall'Arabia Saudita, dall'Iraq, la Giordania e il Kuwait, ha bloccato la vendita dei missili, ha scostato i sauditi per violazione di diritti umani, mentre l'Iran era ignorato nella persecuzione di omosessuali, donne, dissidenti. Fondi americani sono stati tagliati all'Egitto a causa di violazioni; e intanto il Qatar è stato recuperato per la sua nuova disponibilità a condannare Putin, ma certo è un Paese ambiguo, antisraeliano, e amico di gruppi terroristi come Hamas.

Gli Usa con l'accordo sul nucleare trattano anche la cancellazione dalla lista dei terroristi delle Guardie della Rivoluzione, e questo desta molta ansia: sono miliardi che finiscono nelle tasche della milizia viste responsabile di centinaia di morti in Iraq, Siria, Libano, dei bombardamenti dei Houti sui sauditi. Questo crea spaccature proprio mentre gli Usa chiedono di allinearsi con loro nell'attuale conflitto armato, ma anche economico, energetico, alimentare.

Israele è il Paese che coi suoi accordi Abramo, con l'enorme massa di rapporti in campo medico, tecnologico, scientifico e strategico costruiti col mondo arabo, è di nuovo in campo. Mentre gli Usa svaniscono all'orizzonte, Israele è una piccola America in Medio Oriente che a differenza di Biden, non se ne va.

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