Il territorio italiano era scoperto di fronte all'attacco del coronavirus. La carenza o addirittura la totale assenza di presidi sanitari territoriali ha lasciato indifesi i cittadini italiani. Questa volta a metterlo nero su bianco è la Corte dei Conti che avverte: le regioni devono partire subito con i piani di riorganizzazione per un'assistenza capillare sul territorio. Altrimenti un' eventuale seconda ondata ci troverà nuovamente impreparati.Concentrare cure e terapie nelle grandi strutture ospedaliere ha di fatto sottratto risorse al potenziamento del sistema di assistenza sul territorio: ambulatori, servizi di prevenzione, medici ed infermieri per cure domiciliari. Il principio secondo il quale l'ospedale deve essere dedicato soltanto agli interventi, agli acuti, è teoricamente condiviso da tutte le parti in causa ma di fatto non è mai stato pienamente attuato. Anche perché appunto in molte aree non ci sono risposte alternative all'ospedale che è quindi diventato una sorta di «portale tuttofare» con il conseguente intasamento dei pronto soccorso e ingolfamento delle liste d'attesa. Quindi, scrivono i magistrati contabili, la popolazione italiana si è trovata «senza protezioni adeguate» di fronte all'emergenza Covid. Osservazioni contenute nell'ultimo Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica che analizza diversi aspetti della sanità pubblica italiana con un focus sulla «fuga» dei camici bianchi all'estero attratti da stipendi più alti e condizioni di lavoro migliori. Oltre 10mila i medici volati in Germania, Francia e Regno Unito in dieci anni, al ritmo di circa un migliaio ogni anno.
E rispetto a quanto previsto dal decreto Rilancio la Corte dei conti ritiene che le amministrazioni locali siano già in ritardo per la predisposizione dei piani grazie ai quali accedere ai finanziamenti. Anche se si partisse subito, osservano i magistrati contabili «potrebbe non essere possibile l'utilizzo delle risorse e l'avvio delle opere se non ad estate inoltrata, con il rischio quindi di non essere pronti nel caso di un riacutizzarsi della pandemia».
La Corte dei Conti promuove il progetto di riordino della rete ospedaliera, evidenziando anche i requisiti di flessibilità previsti sotto la spinta di un'emergenza sanitaria senza precedenti. Si potenzierà l'offerta di posti letto e la capacità di accoglienza dei pronto soccorso, garantendo quindi una migliore qualità dell'assistenza anche una volta superata la fase di emergenza che ha creato uno stato di necessità e di urgenza in grado di invertire la rotta che da anni imponeva tagli alla sanità pubblica.
La Corte dei Conti supporta la necessità di rafforzare l'assistenza territoriale ed in particolare di quella domiciliare, che ha rappresentato «uno dei punti deboli durante la pandemia, ma di cui già in precedenza erano evidenti le carenze».
I magistrati contabili sottolineano come queste carenze abbiano avuto come conseguenza un aumento delle spese a carico delle famiglie che hanno dovuto far ricorso a personale spesso non qualificato per assistenza specifica. Una carenza emersa in modo drammatico quando ci si è trovati di fronte all'emergenza coronavirus.
Una adeguata rete di assistenza sul territorio, conclude la Corte dei Conti «non è solo una questione
di civiltà a fronte delle difficoltà del singolo e delle persone con disabilità e cronicità, ma rappresenta l'unico strumento di difesa per affrontare e contenere con rapidità fenomeni come quello che stiamo combattendo».
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