"Un italiano come successore? Inutili i confini"

Il cardinale Gualtiero Bassetti: "La Chiesa va oltre le nazioni: sia un pastore di mitezza"

"Un italiano come successore? Inutili i confini"
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«Abbiamo pianto un amico, un famigliare. Una grande folla era in piazza presente solamente per dirgli ti vogliamo bene...». Dopo il dolore, la speranza per il futuro. Dopo i funerali, lo sguardo al Conclave. «La tenerezza e la misericordia verso gli ultimi sono stati i due elementi essenziali di Francesco. Il futuro Papa segua questa eredità». A parlare al Giornale è l'ex presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, nominato vescovo da Giovanni Paolo II, elevato arcivescovo da Benedetto XVI e creato cardinale da Francesco nel 2017.

Che atmosfera ha vissuto ieri con il rito della traslazione della salma?

«Abbiamo vissuto il momento in un clima di grande silenzio. La folla piangeva come se il Papa fosse un parente, un amico. Una folla presente ma mesta, triste. E poi c'è stato un applauso discreto, come a dire: Siamo qui, ti vogliamo bene. Ho avuto l'impressione di un grande abbraccio, in una processione davvero emozionante, con i cardinali, vescovi, sacerdoti e tutto il popolo di Dio. Ho avuto l'impressione di un grande abbraccio».

Quali sono ora le sfide della Chiesa?

«Occorre ripartire dai tanti interventi del Papa, che forse non sono stati abbastanza valorizzati o sottolineati. Ad esempio, quante volte Francesco ha parlato della globalizzazione dell'indifferenza? Oggi è invece necessario ritrovare la vicinanza nei confronti del prossimo, sia del vicino di casa, che del profugo, dello straniero, e avere uno spirito di accoglienza e di fraternità. Papa Francesco ha lottato tanto contro l'indifferenza. L'accoglienza è l'arma migliore per difenderci dalla durezza di cuore e dalla freddezza. La nostra è una società che tende a chiudersi e Francesco ha avuto parole molto forti. Mi sembra che il suo messaggio contro la globalizzazione dell'indifferenza sia il più bello che ci abbia lasciato».

Che eredità lascia Francesco?

«L'eredità più grande che lascia è la testimonianza della tenerezza e della misericordia di Dio. In questi giorni ho voluto rileggere alcune sue preghiere. Ce ne ha lasciate di bellissime. In un mondo dove i rapporti fra le creature tendono a chiudersi con il rischio che prevalga l'egoismo, la tenerezza e la misericordia sono le armi più potenti. Ci raccomandava di rifuggere dai pregiudizi: è il grande insegnamento che ci lascia. Ha parlato più con i fatti che con le parole. Si è recato sulla tomba di Pino Puglisi, sulla tomba di don Primo Mazzolari, sulla tomba di don Tonino Bello, su quella di don Lorenzo Milani. Ci ha detto, con i gesti, di guardare a loro come modelli».

Quale è l'identikit del futuro Papa?

«Deve essere un pastore, di qualunque nazione del mondo perché la Chiesa è universale, che sappia raccogliere il patrimonio spirituale che Bergoglio ha lasciato alla Chiesa. Ma anche un pastore che valorizzi il ruolo delle donne. Insomma un cardinale che sappia raccogliere l'eredità in un clima di mitezza. Francesco, infatti, aveva un carattere molto forte. Serve una maggiore mansuetudine o come dice lui stesso occorre la rivoluzione della tenerezza».

Sarà un Conclave lungo visto che ci sono 133 cardinali di tutto il mondo che non si conoscono?

«Ma in realtà si stanno già incontrando per conoscersi. Finora ci siamo concentrati sui funerali. Poi ci saranno ancora dei giorni. Si chiude un capitolo e se ne apre un altro».

Lei si augura un Papa italiano?

«Oramai ho un'esperienza tale nella chiesa universale per dire che la chiesa va oltre i confini delle nazioni. Non mancano bravi cardinali anche in Francia, in America Latina...».

E un asiatico?

«Sono tanto simpatici...».

E se si chiamasse Francesco II?

«Non sarei sorpreso. Lo vedrei molto bene. Non so però se ci sarà qualcuno che avrà il coraggio di pronunciare di nuovo quel nome e di impegnarsi come ha fatto lui».

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