È la notte tra il 20 e il 21 agosto del 1968. I carri armati sovietici entrano a Praga per soffocare la stagione di riforme inaugurata dal segretario del partito comunista cecoslovacco, Alexander Dubcek (guarda il video).
È la fine della primavera e del “socialismo dal volto umano”. È l’inizio della repressione e della lotta degli studenti universitari contro la propaganda sovietica e la censura. Una lotta che il 16 gennaio del 1969 trova il suo primo martire. Jan Palach, vent’anni, studente di filosofia. Quella mattina fredda di gennaio prende un treno che da Vsetaty lo porterà nella capitale. A mezzogiorno riempie due contenitori di plastica con quattro litri di benzina. Un’ora e mezza dopo, in piazza San Venceslao, si cosparge del liquido infiammabile, accende un fiammifero e diventa la prima di sette torce umane che si immoleranno per la libertà del proprio Paese.
Morirà dopo tre giorni di agonia. Il corpo è dilaniato per l’85 per cento dalle ustioni, ma lui rimane cosciente fino all’ultimo e dal suo letto d’ospedale trova la forza per sussurrare che "ci sono momenti nella storia in cui bisogna fare qualcosa”. “Aveva qualcosa di geniale, riusciva a vedere più lontano di tutti gli altri”. Lo ricorda così, in un’intervista con l’Agence France Presse, la sua compagna di scuola, Ivana Zizkova. Bello, introverso, amante dei libri e delle riviste. Voleva svegliare un Paese in letargo, che non riusciva a trovare la forza per alzare la testa contro i suoi oppressori. Al suo funerale parteciparono oltre centomila persone. Una folla silenziosa alla quale si unì il resto del mondo, rimasto senza fiato di fronte a quel gesto estremo e a quella voglia di libertà.
Oggi, cinquant’anni dopo, il suo sacrificio viene ricordato in tutta la Repubblica Ceca con manifestazioni e veglie di preghiera. Dall'Università Carlo di Praga, che gli ha dedicato una targa commemorativa, fino alla città di Melnik, dove Honza, come lo chiamavano i suoi amici più cari, aveva frequentato il liceo dal ’63 al ’66. A ricordare lo studente ceco morto per difendere la dignità del suo popolo sono anche i parlamentari italiani di Noi con l’Italia del gruppo Misto, in una conferenza stampa organizzata alla Camera dei Deputati. “Quello che ci hanno lasciato i giovani praghesi è un grande insegnamento, che va conservato e contenuto nella memoria”, ha detto Renzo Tondo. Una lotta, quella per la libertà e la democrazia in Europa, che è ancora attuale secondo Maurizio Lupi. “I giovani come Ian Palach incendiavano se stessi per salvare l’Europa, oggi invece c’è chi vuole incendiare l’Europa per salvare sé stesso e il proprio partito dalle crisi di consenso”, ha commentato il deputato di Noi con l’Italia, con riferimento al viaggio a Strasburgo di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista.
“Spesso i giovani non si rendono conto del valore dell’Europa, perché non viene compresa l’utilità di un’istituzione che sembra solo imporre cose, senza creare nessun vantaggio – ha detto il collega di partito, Alessandro Colucci – ma ricordiamoci che con l’Europa abbiamo anche messo fine alle guerre e ai totalitarismi”. Un’Europa, quindi, che non va distrutta, ma “modernizzata e attualizzata”.
Anche, perché no, ricorrendo all’aiuto delle forze sovraniste che, secondo Lupi, non hanno “niente a che vedere con il M5S, che si esclude da solo per la sua incapacità a governare”. “Positive” sono state definite, quindi, le aperture in questo senso del candidato del Ppe, Manfred Weber. Con i popolari “al centro della proposta europeista”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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