Jobs Act, Renzi cede alla minoranza. E Ncd evoca la crisi

L’intesa tra governo e minoranza Pd archivia il testo approvato in Senato: torna il reintegro per i licenziamenti discriminatori e disciplinari. Il premier esulta: "Grande passo avanti". Ma la maggioranza scricchiola. Ncd frena: "È tutto ancora aperto"

Jobs Act, Renzi cede alla minoranza. E Ncd evoca la crisi

"Il percorso delle riforme non si ferma più". All’uscita dall’ambasciata italiana a Bucarest, in partenza per il suo primo G20 in Australia, Matteo Renzi ostenta sicurezza. Al termine di una giornata di confronto e scontro tra i partiti, ci tiene a mandare un messaggio di chiarezza agli alleati di maggioranza: entro il primo gennaio il Jobs act deve essere legge, la legge elettorale approvata al Senato.

All’indomani dell’incontro con il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi "non c’è nessuna trattativa" ancora aperta su quello che ha ribattezzato "Italicum 2.0". "La legge elettorale è quella che abbiamo condiviso e concordato e che consente finalmente di sapere chi vince e di avere un sistema che funziona e impedisce il potere di veto dei partiti", sintetizza Renzi, con parole che sembrano rivolte alla minoranza del suo partito, che chiede di rimettere mano al sistema delle preferenze. Ma che appaiono un messaggio ai contraenti del patto del Nazareno e al resto dell’alleanza di governo perchè non si provi ancora a frenare e disfare. Certo, restano irrisolti i nodi su cui non è riuscito a trovare un’intesa con il Cavaliere: quelli si affronteranno nelle votazioni in Parlamento. Con un’unica stella polare: i tempi.

Sulla road map tracciata il leader del Pd e capo del governo non intende transigere e si mostra ottimista: "Ormai la legge l’abbiamo messa in dirittura d’arrivo". Ma un nuovo fronte si infiamma in Parlamento quando ancora non è stato digerito il contenuto del nuovo incontro del Nazareno con l’apertura di una discussione con Forza Italia, confermata da Lorenzo Guerini, anche sul "metodo di elezione del nuovo presidente della Repubblica". Si tratta del fronte Jobs act. L'apertura del governo ad alcune modifiche chieste dalla minoranza del Pd ha innescato nuove tensioni con il Ncd di Angelino Alfano. "Non c’è nessuna deviazione dalla via tracciata", sottolinea anche su questo fronte Renzi. "L’articolo 18 sarà superato - assicura - e il primo gennaio la riforma del lavoro sarà in vigore".

La giornata è convulsa, anche perché, come anticipato ieri da Renzi al Nazareno, i nodi stanno venendo al pettine. Il voto finale sul Jobs Act sarà entro il 26 novembre, per il giorno dopo è previsto invece l’approdo della legge di stabilità. La mediazione trovata oggi sembra bastare (almeno per ora) a una buona fetta della minoranza. "Si tratta di modifiche vere, di contenuto, positive e che migliorano la delega, non solo sull’annosa questione dell’articolo 18", sottolinea Cesare Damiano, tra i protagonisti della negoziazione. E anche Stefano Fassina appare soddisfatto: "Il governo prende atto del ruolo del Parlamento". Ma l’intesa con la sinistra dem vede subito insorgere Ncd, a partire da Maurizio Sacconi, che chiede un vertice di maggioranza. E in serata è lo stesso Sacconi, con Nunzia De Girolamo, a recarsi a Palazzo Chigi per un "chiarimento" informale. Incontro che, se da un lato serve a mitigare l’ira di Ncd dall’altro non basta a chiudere la frattura. "Si tratta, la partita è aperta", è il warning lanciato da Sacconi che preannuncia nuovi incontri della maggioranza sul tema.

Incontri che, tuttavia, difficilmente potranno mettere in dubbio quel punto di caduta trovato oggi sull’articolo 18, in particolare sulla tipizzazione del reintegro dei licenziamenti disciplinari. "La partita sul jobs act è chiusa - taglia corto Renzi da Bucarest - è possibile che si sia la fiducia sul testo che è venuto fuori dall'accordo di queste ore".

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