Jobs Act, la maggioranza è divisa ma Renzi zittisce chi lo critica

Marginalizzati da Renzi, gli alfaniani fanno la voce grossa, ma non hanno il coraggio di staccare la spina. E diventano lo zimbello della sinistra dem che li sbertuccia sui social

Jobs Act, la maggioranza è divisa ma Renzi zittisce chi lo critica

Prima le minacce: "O via l’articolo 18 o via il governo per crollo di credibilità". Poi, il passo indietro: "Risultato insoddisfacente, ma il governo va avanti". Gli alfaniani mal digeriscono la decisione del premier Matteo Renzi di lasciar fuori dai decreti delegati per il Jobs Act, approvati dal Consiglio dei ministri alla vigilia di Natale, alcune delle loro richieste come quella dell’opting out, ma non se la sentono di spezzare la corda. Sanno, infatti, di essere ininfluenti all'interno di una maggioranza già di per sé appesa a un filo. Lo stesso Renzi li mette in riga: "Si arrenderanno all’improvviso, quando non potranno più negare la realtà. Per adesso, noi, al lavoro!".

All'indomani del via libera in Consiglio dei ministri, il Nuovo centrodestra è scosso da un'ondata di mal di pancia senza precedenti. In molti arrivano addirittura a solleticare l'idea di staccare la spina al traballante governo. Così, dopo aver mandato avanti i colonnelli ad attaccare il premier, il ministro dell'Interno Angelino Alfano prova a smorzare i toni. "Sui licenziamenti collettivi il decreto ci convince - dice il titolare del Viminale - è un grande passo avanti che il mercato del lavoro nemmeno si sarebbe sognato, se al governo non ci fosse stato Ncd". Sui licenziamenti individuali, invece, Alfano ammette che Ncd avrebbe preferito "una decisione più netta e radicale". Ma questo è perché Renzi non è disposto a cedere a modifiche in parlamento. Quindi, nessuno strappo. Prima di tutto, si spiega, perchè non è il momento. In secondo liogo perché, come sottolinea Renzi subito dopo il Consiglio dei ministri, a "un risultato come questo" non c’era mai arrivato nessuno. Nemmeno la destra. Anzi, dice il premier rivolgendosi a chi, come Sacconi, continua a criticare: "Dove eravate voi quando governavate?".

Quella di Ncd èuna lotta di facciata. Continuano a far rumore pur sapendo che i numeri non consentiranno di rimettere mano al testo. Sul tavolo, però, ci sono tanti altri temi importanti, a cominciare dalla legge elettorale. Che non mancherà certo l’occasione di rifarsi. Il "ni" del governo alle istanze degli alfaniani e il tweet sprezzante di Roberto Speranza che comunica il niet alle richieste di Ncd con un ironico "Buon Natale Sacconi!" offre il destro a Forza Italia per attaccare gli ex alleati con i quali il rapporto resta teso. "Il braccio esile di Ncd - affonda il Mattinale - è stato piegato in fretta dalla preponderante volontà nel Pd dell’anima arcipotente di Cgil". Ma anche tra i dem il Nuovo centrodestra, che prima minaccia e poi ci ripensa, è diventato lo zimbello della maggioranza.

Il presidente della commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano, ad esempio, fa notare come il partito di Alfano-Quagliariello sia "arrivato a più miti consigli" e come abbia "imparato che di necessità si fa virtù". Ncd reagisce.

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