Il killer dell'Europa è tedesco: surplus e rigore, ricetta mortale

Le esportazioni di Berlino surclassano l'import senza possibilità di rivalutare la moneta Il peso ricade su tutti gli altri Paesi: l'euro forte non aiuta e l'austerità strangola la crescita

di È il surplus dell'economia tedesca il killer dell'Europa ed è un assassino conosciuto da tutti. In particolare, il surplus delle partite correnti della bilancia dei pagamenti (netta prevalenza delle esportazioni sulle importazioni) dell'economia tedesca, che ha cominciato a essere tale con l'avvento dell'euro, e che da allora ha avuto un andamento crescente, in particolare nella crisi. In un'unione monetaria, il surplus di uno o più Paesi produce più danni dell'eccesso di deficit di altre economie. Mentre con le monete nazionali a un aumento eccessivo del surplus delle esportazioni di un Paese segue sempre la rivalutazione della sua moneta, che significa un riequilibrio quasi automatico della bilancia dei pagamenti, con la moneta unica lo Stato che consegue il surplus gode dei benefici derivanti da quest'ultimo, senza alcun meccanismo di riequilibrio, e il costo della rivalutazione della moneta ricade su tutti i Paesi. Il Paese in surplus ha una moneta di fatto sottovalutata, gli altri sopravvalutata. Ed è per questo che in Europa si comprano tante Mercedes.

Al contrario, un rapporto deficit/Pil eccessivo produce conseguenze tendenzialmente solo per il Paese che lo genera. Perché, allora, oggi un minimo sforamento del rapporto deficit/Pil oltre il 3% espone gli Stati alla pubblica deplorazione mentre il surplus della bilancia dei pagamenti viene considerato elemento di virtuosità? L'Europa a trazione tedesca non ha volutamente colto, sbagliando, che l'eccesso di surplus produce più danni dell'eccesso di deficit. E le misure per fronteggiare la crisi che ne sono derivate non hanno fatto altro che peggiorare la situazione.

Basterebbe che i capi di Stato e di governo affrontassero una volta per tutte il tema dell'eccessivo surplus tedesco e il futuro dell'Unione prenderebbe finalmente la giusta piega. Posizione, questa, fortemente sponsorizzata dagli Stati Uniti. Se la Germania reflazionasse da subito, questo creerebbe un virtuoso clima di crescita, aumenterebbe di quel tanto che basta il tasso di inflazione, e si ridurrebbe lo spread. Tutta l'economia dell'area euro tornerebbe sostenibile. Anche quella greca. Se alla reflazione tedesca, che vuol dire diminuzione della pressione fiscale, aumento della domanda interna, quindi dei consumi, degli investimenti, dei salari, delle importazioni e, di conseguenza, della crescita, per la Germania e per gli altri Paesi, si affiancasse un grande piano di investimenti, un New deal europeo da almeno mille miliardi, approfittando dei bassi tassi di interesse e utilizzando la garanzia della Banca europea degli investimenti (Bei), l'Europa non solo uscirebbe finalmente dalla crisi, ma troverebbe uno slancio che dalla creazione della moneta unica non ha mai avuto, diventando competitiva anche rispetto alle altre economie mondiali, e migliorerebbero anche le performance della Bce, con i suoi quantitative easing , in quanto la politica monetaria tornerebbe a trasmettersi all'economia reale.

La Germania deve reflazionare per cause di forza maggiore, cioè per rispondere alla procedura di infrazione aperta della Commissione per l'eccessivo surplus. Gli altri Paesi devono farlo per cambiare la politica economica germano-centrica del rigore cieco e imboccare la strada della ripresa e dello sviluppo. Il sangue, sudore e lacrime implementato negli anni della crisi è stato un tragico, ma non casuale, errore. Perché è proprio il sangue, sudore e lacrime imposto ai Paesi più fragili dalla Germania che ha consentito a quest'ultima di aumentare il suo surplus. Ci viene da pensar male, vale a dire che la politica economica europea negli anni della crisi sia stata impostata così dalla Germania proprio per favorire se stessa.

Non solo un elevato rapporto deficit/Pil è un male, ma anche un elevato surplus delle partite correnti della bilancia dei pagamenti. Anzi, se possibile è peggio quest'ultimo. Lo ha riconosciuto anche il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco. D'altra parte, il Fondo monetario internazionale ha spiegato il 3 gennaio 2013 che le politiche di austerità cieca adottate nell'Eurozona negli anni della crisi avevano avuto effetti (negativi) sulla crescita maggiori del previsto. Lo ha fatto in uno studio che aggiorna una tesi del capo-economista dell'istituto, Olivier Blanchard del 2012. Il Fmi segnalava rischi di «avvitamento» dell'Eurozona, derivanti dalle stringenti manovre di consolidamento dei conti pubblici attuate dai governi in periodi di congiuntura negativa. Su questo la Germania ha speculato. Ci ha guadagnato. Su questo equivoco il quarto Reich ha vinto la sua terza guerra mondiale. Ma non può durare.

Non solo, in parallelo con l'adozione di misure di politica economica sbagliate, in Europa si è voluto procedere, sotto pressione tedesca, con sempre più stringenti cessioni di sovranità, presentate come indispensabili per far fronte all'emergenza. Sono proprio degli anni della crisi il six pack , il fiscal compact e il two pack , tutte modifiche intervenute sull'originario trattato di Maastricht, tra l'altro attraverso strumenti legislativi inadeguati e, secondo alcuni, illegittimi, che hanno ulteriormente squilibrato il sistema europeo. Ed è delle ultime settimane il documento «dei 5 presidenti», preparato dal presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, che prevede ulteriori inasprimenti dei meccanismi di controllo e sanzionatori delle politiche economiche degli Stati: regole più stringenti e nuove cessioni di sovranità nazionale.

Questo è il punto dei punti. Altro che fare fuori governi democraticamente eletti, come è avvenuto nel 2011 con Berlusconi e come si è cercato di rifare quest'anno con Tsipras. Ormai lo sanno tutti. Tutti conoscono il nome dell'assassino dell'economia europea, anche se pochi hanno il coraggio di dirlo. L'assassino si chiama surplus tedesco. Altro che rispetto delle regole. Nell'Europa tedesca le regole sono state fatte rispettare solo ad alcuni (con deficit/Pil elevato), a vantaggio da altri (in surplus delle esportazioni). Solo riconoscendo questa semplice verità si salva l'unione e la democrazia nel vecchio Continente. La stessa Germania, la stessa Merkel, alla fine del suo ciclo politico, avrebbe pieno interesse a farlo. Renzi ha davanti a sé una grande occasione per diventare uno statista, con il consenso di tutto il suo Paese, e di gran parte dell'Ue.

Non basta dire, caro Matteo, che l'Europa deve tornare a crescere, si deve avere il coraggio di dire alla Germania che deve essere lei stessa la prima a rispettare le regole e a dimezzare, se non eliminare del tutto, nell'arco del prossimo triennio, il suo surplus, che è veleno, economico, politico, e democratico, per tutto il resto d'Europa. Sarà in grado il nostro presidente (si fa per dire) del Consiglio di farlo? Temiamo, purtroppo, di no.

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