Il tempo di Giuseppe Conte in coppia con Rocco Casalino è finito. Ieri, il governo guidato da Mario Draghi ha giurato e per il duo è arrivato il momento di preparare armi e bagagli. Di andarsi a cercare un altro impiego. Questa uscita di scena, però, ha commosso particolarmente l'ex concorrente del Grande Fratelllo (guai a chiamarlo così!). Alcune telecamere, infatti, lo hanno inquadrato nel momento in cui l'ex premier stava abbandonando Palazzo Chigi e lo hanno trovato completamente in lacrime. Il duro, lo spietato e l'imperturbabile Rocco si è mostrato in tutta la sua fragilità. Ma sarà davvero così? O forse nella testa di Casalino stavano frullando migliaia di altri pensieri?
Leggendo la sua autobiografia, Il portavoce, edito da Piemme, ci rendiamo conto fin dalle prime pagine che Rocco è preseguitato da un unico pensiero: "Sono il più bravo di tutti, ho studiato, so le lingue, costruisco personaggi, perché non lavoro? Anzi, ce l'ha chi non se lo merita. Non posso stare senza lavoro". Ma Casalino non è solo travolto da questo personalissimo senso di giustizia. L'ex portavoce sente di avere una marcia in più. Come quando si presenta all'Electronic Data System (per poi scoprire che si tratta di un normalissimo centralino) e dentro di sé confabula parole del tipo "qui capiranno il mio valore. Mi assegneranno il ruolo che merito e mi faranno fare le grandi cose per cui ho studiato". Vedi Rocco, non sempre quello che noi pensiamo poi è effettivamente la realtà. Probabilmente al mondo esistono ingegneri (perché questo titolo ci tieni a sbatterlo in faccia a chiunque) più preparati di te.
Ne Il portavoce, infatti, dopo diversi capitoli dedicati alla sua tragica situazione famigliare - che per rispetto non commenteremo, chi siamo noi per farlo? - ci illustra tutti i suoi studi, i suoi sacrifici, gli ostacoli che la vita gli ha messo davanti. Ci dice chiaramente di essere perfetto per qualunque ruolo: dal giornalista televisivo allo spin doctor. E proprio per la sua perfezione non riesce a capacitarsi del fatto che il suo "successo" sia arrivato così tardi. Nel testo, si definisce convintamente ateo e comunista. E dopo diverse pagine (e un sudato percorso interiore) ci confessa di aver capito di essere gay, "anche se mi piacciono di più gli eterosessuali".
A pagina 110, poi, scrive per la prima volta una frase che diventerà un leitmotiv della sua autobiografia: "La spunto io. Come sempre, devo dire". Rocco, infatti, viene assunto nel call center. Non perché ami quel lavoro ma per dimostrare che quando vuole una cosa se la prende. E così dirà per il resto del libro (a pagina 114 la frase diventa "si sa che alla fine ottengo sempre le cose impossibili che voglio"). Ama rimarcare le differenze fra lui e gli altri, "tutti giovani, nessun laureato, solo diplomati". Ci verrebbe da consigliargli di guardare i curricula dei politici del MoVimento, ma evitiamo.
Piccola parentesi. Due pagine dopo la frase si trasforma per diventare: "La cosa incredibile è che davo sempre per scontato che quello che volevo lo avrei raggiuto, cosa che poi paradossalmente si è sempre avverata nella mia vita". Quanta modestia. Ma procediamo.
Nel flusso di coscienza di Rocco, non possiamo non addentrarci in un piccolo spazio, quello del Grande Fratello. Casalino ne parla prima come una grande opportunità, come la svolta della sua vita, "mi riconoscevano tutti in strada". E proprio dentro le quattro mura di Cinecittà dice di essersi reso conto che è uno stretega: "Sono riuscito praticamente a controllare tutto, a fare andare le cose come volevo". Diciamo che questa parabola felice nella storia politica attuale non si è concretizzata. Il tanto discusso audio dove l'ex portavoce dice "amore, stai tranquillo... ci sarà un Conte Ter" assomiglia più allo "stai sereno" di Renzi a Letta. E sappiamo tutti - in entrambi i casi - come è andata.
Con il Gf Rocco diventa famoso, ricco e si sente onnipotente. Sa che sarebbe stato "disposto a fare cose non corrette" per sopravvivere e vive di trasgressione. Poi arriva la tanto contestata intervista de Le Iene. Siamo nel 2001 e Rocco perde la "retta via". Si lascia andare a insulti e offese verso quella parte di società in cui lui è cresciuto. "Il povero ha un odore molto più forte - diceva -. Hai mai provato a portarti a letto un rumeno o uno di questi dei paesi dell'Est? Anche se si lava o si fa 10 docce continua ad avere un odore agro dolce, non so che cavolo di odore è. Però lo senti". Dopo un po' si rivede in tv e rinnega se stesso. Arriva addirittura ad odiare quella etichetta di "gieffino". Qui - scrive - capisce di doversi dedicare ad altro. Si butta sul giornalismo, anche se dentro si sente un politico mancato.
Dopo una serie di digressioni e paralellismi con Conte, arriva alla parte "calda": il Movimento Cinque Stelle. È in completa adorazione per Beppe Grillo, per la sua politica rivoluzionaria "non attaccata alle poltrone" (oggi avremmo qualcosa da ridere in merito). Così si avvicina a questi ragazzotti che di professione non sono politici, tanto che quando entrano in Parlamento nel 2013 - ci confessa - non sapevano come muovesi. "Poverini, erano stati eletti, molti senza aspettarlo, erano completamente disorientati". Addirittura pensavano che qualcuno dicesse loro "cosa avrebbero dovuto fare" una volta al governo. Tra una riga e l'altra, tira fuori dal cilindro la solita teoria dell'uno vale uno, dell'onestà e del vincolo massimo di due mandati. Parole che lette oggi fanno un po' sorridere.
Da questo momento in poi, Casalino tesse la sua ragnatela. Inizia a cucire addosso alle persone personaggi. Lo fa con Di Maio e poi con Conte. E ne va particolarmente fiero. Tanto che fra un capitolo e l'altro ci spiega quanta fatica abbia speso per "rendere" Giuseppi quello che è oggi, "una leader riconosciuto internazionalmente" anche se ci tiene a precisare che la base era buona. Narra dei suoi sforzi per costruire una comunicazione televisiva efficiente "perché io la conosco questa macchina". E arriva pure a parlare dell'ottima comunicazione fatta in tempi di Covid. Su questo avremmo molto da obiettare: dalle fughe di bozze a tarda notte, ai continui (e incomprensibili) dpcm alle conferenze stampa a reti unificate. Ma forse Casalino le reputa piccolezze.
Infine, elogia Giuseppe Conte, le sue trattative a Bruxelles per il Recovery Fund (nonostante il tanto lavoro e la sveglia presto), le "lotte" combattute per l'Italia e tutto ciò che hanno costruito insieme. Ma sul finire torna con i piedi per terra. "Cosa voglio fare da grande?", si chiede. Ricordiamo che il testo di Casalino uscirà il 16 febbraio. Dieci giorni fa lo aveva addirittura bloccato e non voleva più pubblicarlo. Eravamo in piena crisi di governo. Lui e Conte si prodigavano per raccattare responsabili per il Conte Ter, ma non ce l'hanno fatta. Oggi abbiamo al governo Mario Draghi, ma mentre Rocco scriveva era all'apice del suo "potere". Però sapeva che niente dura per sempre: "Da un lato il mio lavoro è precario e la gente non se ne rende conto. Io non sono un dipendente statale con il posto fisso. Cade il governo e cado anche io. E dopo? Boh, chi lo sa". Fra le varie ipotesi che butta lì (parlamentare e ministro), però, è convinto di una cosa: "Non finirò in mezzo alla strada, ho una professionalità finalmente riconosciuta".
Ecco, arrivati alla fine di tutto, viene spontaneo farci una domanda. Perché Rocco ieri piangeva? Non è che stava pensando al suo futuro? Il governo è caduto.
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