«Valentina non si è mai pentita, fredda e crudele. Ha sferrato la pugnalata al cuore con la mano destra». Così la pm ha descritto in aula Valentina Boscaro, la 31enne che il 25 settembre di un anno fa ha ucciso il fidanzato Mattia Caruso. La Procura aveva chiesto l'ergastolo senza attenuanti generiche, con la misura della custodia cautelare in carcere anziché degli arresti domiciliari, in cui l'imputata si trova attualmente. Boscaro è stata invece condannata a 24 anni di carcere per omicidio volontario aggravato dal rapporto affettivo.
Accade tutto la sera del 25 settembre 2022 ad Abano Terme, nel Padovano: la coppia sta rientrando da una cena quando i due per l'ennesima volta iniziano a litigare, sempre più animatamente. Nel corso della lite nel parcheggio la ragazza prende un coltello dal vano portaoggetti dell'auto di lui e lo pianta nel petto del fidanzato. Un solo colpo, dritto al cuore, a cinque centimetri di profondità. A chiamare l'ambulanza è un automobilista di passaggio, che vede Mattia riverso a terra pieno di sangue. Alcuni testimoni raccontano di avere notato il ragazzo ferito mentre con il braccio cercava di allontanare Valentina. Al medico del Suem prima di morire lui dice: «Cosa vuole che sia successo, sono stato accoltellato». Ma avrebbe anche aggiunto: «È stata lei».
In caserma, invece, la ragazza appare calma, racconta ai carabinieri di un uomo incappucciato con cui Mattia avrebbe avuto una lite nel piazzale del locale. E lo accusa della sua morte. Una bugia. «Ho visto che perdeva sangue dal petto. L'ho sostenuto con la testa. Ho provato a tamponargli la ferita e gli ho fatto la respirazione bocca a bocca». Ma solo pochi giorni dopo crolla nell'interrogatorio e confessa il delitto.
Nella requisitoria della pm sono state messe in risalto proprio le dichiarazioni dell'imputata «assolutamente inattendibili», poiché Boscaro «ha sempre mentito» sulle circostanze del delitto, indicando in un non precisato «magrebino» il responsabile, versione resa anche ai giovani intervenuti per soccorrere la vittima e poi ai carabinieri. La magistrata ha inoltre contestato il movente dell'accoltellamento «per paura», sottolineando che la donna non aveva alcun segno sul corpo e sugli abiti, con «la volontà di manipolare la gravità del fatto».
Solo un mese fa la 31enne aveva invece detto ai giudici: «Mi picchiava e mi violentava. Voleva che rimanessi incinta. Mi minacciava dicendomi che era un mafioso e mi avrebbe sparato in testa. Non volevo ucciderlo, mi dispiace per quello che ho fatto». Quel che è certo è che la relazione tra i due, cominciata un anno e mezzo prima, era un'alternanza di luci e ombre: dai messaggi si evince una relazione di amore e odio, di litigi, offese e minacce.
Spesso si risolveva tutto nella pace e nell'affetto. Ma quel 25 settembre è andata diversamente. E ieri, con le manette ai polsi mentre veniva condotta al carcere veronese di Montorio, Valentina Boscaro si è lasciata andare a un pianto di disperazione.
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