Tra l'Algeria e la banlieue. Dieci anni vissuti nell'odio

Raid in sinagoga: fermato un 33enne. Viveva nei palazzi dello spaccio, teatro di scontri e sparatorie

Tra l'Algeria e la banlieue. Dieci anni vissuti nell'odio
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Non era nel suo appartamento, El Hussein Khenfri. Il principale sospettato dell'assalto alla sinagoga di sabato mattina era fuggito: e si era nascosto, armato, all'ultimo piano di uno dei palazzoni di Pissevin, nella banlieue sud-ovest di Nîmes, nota per il massiccio traffico di droga. L'hanno trovato le forze speciali, rintanato in uno dei quartieri più poveri di Francia, a mezz'ora di auto dal luogo che secondo il premier dimissionario Attal ha scampato solo per miracolo «un dramma assoluto».

I fedeli, sabato mattina, non erano ancora arrivati alla sinagoga. L'attentato prevedeva due auto incendiate ed esplosioni innescate grazie a una bombola di gas di fronte al luogo di culto, forse scattate con troppo anticipo. La caccia all'uomo è partita da un video. Infine, il blitz, mirato, nella notte tra sabato e domenica: il 33enne, algerino regolare, è stato individuato grazie alle telecamere di sorveglianza che lo hanno immortalato con una bandiera palestinese attorno alla vita vicino al luogo di culto, una pistola e due bottiglie piene di liquido infiammabile. Era già noto alle forze dell'ordine d'Oltralpe. Piccolo spaccio, in Francia da 10 anni. Uno dei tanti fantasmi che improvvisamente si ritorce contro il Paese che lo ospita, in un Esagono che continua a tollerare sacche di illegalità in aree come Pissevin, dove il ministro dell'Interno Darmanin era andato in missione giusto l'estate scorsa dopo le rivolte delle banlieue, promettendo una doccia di legalità. Invece, proprio quel quartiere ospitava El Hussein Khenfri. Protetto da due presunti complici, e anche da una geografia architettonica che complica le operazioni repulisti. «Rinnovamento urbano», invoca il governo dall'estate scorsa, quando Pissevin fu già teatro di sparatorie che videro morire perfino un ragazzino di 10 anni. Area costruita negli anni '60, doveva essere un modello e oggi ospita invece il 70% della popolazione al di sotto della soglia di povertà e criminalità. Il miglior posto dove nascondersi per un probabile terrorista. Pochi giorni fa era stata decisa la demolizione degli edifici degradati, case popolari, e rilocazione dei residenti, nuovi investimenti in spazi verdi e sanità: 270 milioni di soldi pubblici in tre anni. I palazzi odierni ospitano 16 mila persone e vanno dai 6 ai 20 piani di altezza: 1 km di costante guerra tra bande. Il 33enne sospettato ha sparato all'arrivò delle forze speciali, che hanno risposto al fuoco ferendolo al volto. È in ospedale e sarà probabilmente interrogato oggi. Non è in pericolo di vita.

Nell'operazione, fermati anche due uomini nell'appartamento. Un altro, poco dopo, nella banlieue di Nîmes. Attal spiega che le indagini continuano per capire chi abbia aiutato il 33enne nella fuga da La Grande-Motte fino al rifugio di periferia. Oggi è previsto un Rassemblement davanti alla sinagoga. Ma come hanno già detto alcuni membri del Crif, candele e marce bianche non cambieranno granché. Molti ebrei di Francia sono rassegnati alle violenze. Gli inquirenti ieri hanno trovato pure un'ascia vicino alla sinagoga Beth Yaacov con scritte in arabo. Dalla procura antiterrorismo filtra che El Hussein potrebbe aver agito da solo. Braccato da più di 200 agenti dovrà ora dare risposte.

Il tribuno della gauche Mélenchon prova intanto a difendersi da accuse di antisemitismo e ambiguità sulle condanne del terrorismo di Hamas, il movimento la cui ideologia potrebbe aver ispirato il gesto. Intanto il ministro Darmanin ieri ha svelato: ben 3 gli attentati sventati durante i Giochi di Parigi.

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