Roma - Troppo alta la pressione fiscale dei Comuni. La Corte dei conti lancia l'allarme e sottolinea come negli ultimi anni i soldi tirati fuoi dai cittadini per le tasse comunali siano stati troppi. D'altronde tra il 2011 e il 2014, i Comuni hanno subito tagli per circa 8 miliardi compensati, secondo la magistratura contabile, da «aumenti molto accentuati« delle tasse locali «per conservare l'equilibrio in risposta alle severe misure correttive del governo». Insomma la pressione fiscali degli enti locali aumenta e non di poco. Si parla - per il quadriennio 2011-2014 - di una crescita del 22%. Se nel 2011 l'onere pro capite medio era di circa 505 euro, nel 2014 ogni cittadino si è trovato a pagare una media di 618 euro (ma la cifra nei grossi centri urbani è ben più alta: 881,94 euro). Sempre la magistratura contabile ha ricostruito i motivi dell'aumento della pressione fiscale, individuando nei tagli agli enti locali il motivo principale. Dal 2008 a oggi, secondo la Corte dei conti, ammontano quasi a 40 miliardi di euro i tagli delle risorse finanziarie locali. Cifra prodotta dalla somma dei mancati trasferimenti statali (22 miliardi) e da un calo dei finanziamenti per la Sanità di circa 17 miliardi di euro. Nel fotografare lo stato della pressione fiscale degli enti locali, la magistratura contabile sottolinea poi come i livelli raggiunti ora siano ai «limiti della compatibilità con le capacità fiscali locali».
E pensare che solo qualche giorno fa il presidente del Consiglio Matteo Renzi aveva parlato di taglio della tassa sulla prima casa a partire dal prossimo anno. «Smettere di tassare la prima casa - aveva detto nel corso dell'assemblea nazionale del Pd che si è tenuta all'Expo - è giusto e anche equo in un Paese dove l'81% ha sudato per acquistare un'abitazione». Ieri, però, rispondendo a un lettore che sulle pagine dell' Unità esprimeva perplessità circa la fattibilità di questa operazione, il premier aggiungeva: «I soldi in meno della Tasi/Imu saranno restituiti integralmente ai Comuni. E il tuo sindaco saprà farne prezioso uso». È la conferma che la riduzione della pressione fiscale è una chimera. Se si compensano le minori entrate dei Comuni, significa che da qualche parte il gettito aumenterà. Poiché non si possono fare coperture con i maggiori incassi stimati nelle fasi di crescita economica, significa che qualche balzello aumenterà. Quindi anche in futuro potrebbe accadere quanto successo finora. Fino a oggi, infatti, per bilanciare la riduzione dei trasferimenti correnti dallo Stato gli enti locali hanno inasprito la pressione fiscale, grazie anche alla disciplina del patto di stabilità interno ancorata al criterio dei saldi finanziari. D'altronde, come rileva il Codacons, le maggior tassi locali pagate dai contribuenti negli ultimi anni nono sono servite a garantire standard di efficienza dei servizi pubblici, al contrario gli aumenti sono serviti «soltanto a coprire gli immensi sprechi di risorse pubbliche dell'amminsitrazione pubblica». Anche i rappresentanti degli enti locali si lamentano.
Antonio Satta, sindaco di Padru (Cagliari) e membrodel direttivo dell'Anci, lamenta proprio il fatto che i Comuni «sono stati lasciati soli nella gestione del welfare» e costretti a un ruolo «più notarile che da amministratori e politici» per colpa del patto di Stabilità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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