L'allarme dei vescovi: Paese da ricostruire. E adesso c'è chi invoca le larghe intese

Il cardinale Bassetti: "Nessuno sia lasciato solo". Alcuni prelati auspicano un esecutivo di unità nazionale e il ritorno di Berlusconi in maggioranza

Gualtiero Bassetti
Gualtiero Bassetti

Preoccupazione. È la parola che ricorre nelle conversazioni tra i vescovi. E il presidente, il cardinale Gualtiero Bassetti, nella sua prima apparizione dopo aver contratto il coronavirus e aver trascorso settimane critiche in terapia intensiva, ben esprime il sentimento comune dei vescovi italiani. «Guardiamo con attenzione e preoccupazione alla verifica politica in corso, in uno scenario già reso precario dalla situazione che stiamo vivendo», dice nella prolusione di apertura ai lavori del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana, che coincide proprio nel giorno in cui il presidente del Consiglio Giuseppe Conte rimette il mandato nelle mani del capo dello Stato Sergio Mattarella.

«Auspichiamo - aggiunge il numero uno dei vescovi - che la classe politica collabori al servizio dei cittadini, uomini e donne, che ogni giorno, in tutta Italia, lavorano in operoso silenzio e che si giunga a una soluzione che tenga conto delle tante criticità. Come pastori dobbiamo farci interpreti ed essere voce delle molteplici fragilità, perché nessuno sia lasciato solo. Inoltre i prossimi mesi - non dimentichiamolo - saranno cruciali per la ricostruzione del sistema-Paese. Un tema su cui intendiamo dare il nostro contributo progettuale». La delicata fase politica mette non poco in apprensione l'episcopato. L'Italia ha bisogno di riconciliazione e unità, tuona il cardinale Bassetti, precisando che la Chiesa «non è di questa o di quell'altra parte. Quello che ci sta a cuore è il bene di ogni persona e di ognuno insieme agli altri, quello di cui c'importa è la vita delle persone, quello che sosteniamo è il nostro Paese».

L'auspicio dei vescovi, dunque, è quello di avere un governo forte. «Siamo molto preoccupati che non vengano utilizzati bene i fondi del Recovery plan - sottolineano alcuni prelati - e che non ci sia un governo di ampia maggioranza. Serve una svolta - fa eco un altro monsignore - è sotto gli occhi di tutti che il governo è debole e viviamo un tempo di profonda incertezza. Occorre trovare una soluzione e fare presto. Qualunque sia la decisione, deve essere una soluzione vera e non traballante. No a un governo che vivacchia, contatto i numeri ogni volta: non avrebbe senso. Un governo che vive solo per tenere in piedi se stesso non serve a nulla».

C'è anche chi vedrebbe bene «un governo di unità nazionale con un altro premier», come ad esempio Cottarelli o Draghi. E non sono pochi i vescovi che vedono di buon occhio un rientro di Berlusconi nella maggioranza.

Oltre alla Cei, sono tante le realtà del mondo cattolico a guardare con forte preoccupazione alla crisi in atto. Famiglia Cristiana, dopo aver sentito alcuni tra i maggiori leader dell'associazionismo cattolico, sintetizza: «È folle andare al voto in piena pandemia».

Una preoccupazione e un allarme che arrivano anche Oltretevere. L'Osservatore Romano, sempre prudente nelle sue posizioni, parla di «una crisi, quella italiana, che si apre in un momento delicatissimo».

Sono lontani i tempi in cui il cardinale Camillo Ruini, alla guida della Cei, scendeva a gamba tesa nella vita politica italiana. Ma c'è da dire che i vescovi continuano a giocare un ruolo strategico all'interno dei Palazzi che contano.

E non è un caso che il direttore della Stampa, Massimo Giannini, abbia parlato di una azione di «moral suasion» a sostegno di Conte condotta da arcivescovi e monsignori vicini al cardinale Bassetti per reclutare responsabili in seno all'esecutivo. Notizia però smentita da più parti.

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