Comincia più di cinquant'anni fa la storia del coinvolgimento attivo della sinistra in difesa della causa palestinese, la sua decisione del tutto arbitraria che essa sia parte della «lotta degli oppressi, dello scontro antimperialista, anticolonialista, per la pace, per l'autodeterminazione, per l'eguaglianza dei diritti», e persino un grande protagonista, il cemento di molte le battaglie «intersezionali», come si dice oggi, che portano folle di giovani, donne, neri, lgbtq, e vecchi partigiani e di sinistra in piazza a sostenere, dopo le barbarie di Hamas, la suddetta «causa» accusando Israele e prendendosela con tutti gli ebrei. Bisogna, perché si presenti nei termini attuali, tornare agli anni '60, con le visite di Yasser Arafat a Hanoi, una meta per lui familiare in quegli anni, e con la frequentazione della Romania di Ceausescu. Dal generale Vo Nguyen Giap, capo militare della resistenza antimperialista vietnamita, Arafat si abbevera: il leader dei Vietcong gli spiega che per vincere deve fare uscire la sua battaglia dallo scontro regionale, e renderlo una battaglia morale antimperialista, come quella dei vietcong, capace di incantare, mobilitare, unificare le masse antiamericane in tutto il mondo. Ceausescu gli insegna in un famoso dialogo, cosa sia il marxismo, gli fa lezione di egemonia, gli spiega come la guerra terrorista, peraltro indispensabile, deve accompagnarsi con la pretesa ripetuta fino allo sfinimento di volere una soluzione pacifica.
Negli anni '80 e '90, con la disintegrazione dell'Urss suo maggiore partner e finanziatore, e anche con la fine di Ceausescu, il suo istruttore politico, quando l'esilio di Tunisi lo umilia e lo tiene lontano dalla politica, l'offerta di Israele di tornare a Ramallah con gli accordi di Oslo, gli fornisce una magnifica occasione per usare un nuovo cavallo di troia molto popolare: la pace, cuore della propaganda a sinistra! Arafat non ha nessuna intenzione di riconoscere Israele o di rinunciare al terrorismo, ma la sinistra mondiale lo segue: i palestinesi compiono l'innesto fra la causa palestinese col suo messaggio terzomondista e l'antisemitismo che fiorisce nel campo comunista sin dal tempo di Stalin.
Accantoniamo il solido odio per gli ebrei di Proudhon e Marx. Dopo un breve periodo di sostegno alla nascita di Israele data la sua ispirazione socialista, l'ideologia sovietica torna all'antisemitismo originario. Stalin dispone in Lazar Moseeivic Kaganovic di un suo Eichmann che organizza treni per la Siberia, fa fucilare uno a uno tutti gli ebrei che sono parte del gruppo dirigente; Grigorij Zinov'ev griderà la preghiera «shema Israel» mentre lo uccidono, e Stalin ride fragorosamente; l'assassinio di Lev Trotzkij è un'epitome di tutti complotti di cui gli ebrei furono accusati. Dal settembre '39 al luglio '40 passarono in mani russe 3 milioni di ebrei polacchi, bessarabici, buchovini, le scuole in yddish e del Bund furono chiuse, cominciò una mattanza di funzionari, medici, intellettuali mentre un ordine di silenzio sulla Shoah metteva a tacere Ilja Ehrenburg, Sergey Eisenstein, Vasilij Grossman. Il numero uno della cultura ebraica Solomon Mikhoels veniva giustiziato nel 48 mentre tutti i poeti e gli scrittori si accorgevano di quanto il partito fosse una condanna a morte. È famoso un dialogo con Roosevelt in cui Stalin dopo la guerra gli dice che gli ebrei sono «profittatori e parassiti». La morte di Stalin nel 53 blocca un enorme piano di deportazioni.
Dal dopoguerra si complicherà sempre di più, anche in Italia, il rapporto fra sinistra e ebrei. Gli ebrei dopo la Shoah guardano a un futuro che cerca casa nei valori liberali e di sinistra e molti sionisti sono - a partire dai capi come Ben Gurion - di sinistra: ma presto il sionismo viene criminalizzato in quanto ideologia nazionalista, separatista, e sull'onda di una spinta filoaraba opportunista lo si combatte e diffama: imperialista, colonialista, persino razzista. Si arriva così alla risoluzione Onu del '73 «sionismo uguale razzismo», una bestemmia rimasta in auge presso le folle antisemite e filopalestinesi, specie quelle jihadiste odierne. La sinistra, dato che all'Onu vince la maggioranza automatica, compatta il voto terzomondista anti-americano. È la nuova animatissima trincea della «causa palestinese», paradossale quanto efficace: tutte le organizzazioni per i diritti umani sputano a velocità supersonica risoluzioni anti-israeliane mentre ignorano l'Iran, la Cina, ecc.
La sinistra italiana non fa eccezione: la svolta si vede soprattutto dopo la guerra del 67. Nasce il tema degli insediamenti, ovvero dei territori della Giudea e della Samaria fino a quel momento occupati dalla Giordania. Secondo la sinistra Israele occupa terra palestinese e l'Olp lotta contro lo stato ebraico colonialista. Sostiene questo atteggiamento un gruppo potentissimo di leader, da Olof Palme a Willy Brandt a Bruno Kreisky: condurranno tutta la sinistra europea a fare della questione palestinese la cartina al tornasole del rapporto con Israele. Ideologia, interessi (c'è l'embargo del petrolio) pressione sovietica coprono gli attentati terroristi, la «battaglia per la pace», la pretesa israelofobica che vede Israele come invasore occidentale e nega il ritorno degli ebrei alla loro terra d'origine. Nascono allora anche molti gruppi ebraici di sinistra come Pace Adesso. L'Olp, la causa palestinese diventano una vacca sacra che impedisce di notare il rifiuto della soluzione territoriale, l'assedio armato a Israele. L'uso di formule come «stato di apartheid» segnano la delegittimazione di Israele e il tentativo di bloccarne il diritto all'autodifesa. Le folle antisemite odierne che urlano «morte agli ebrei» e dicono «dal fiume al mare la Palestina sarà libera» altro non chiedono che la distruzione di Israele.
Anche in Italia, dal tempo di D'Alema, la sinistra ha devastato la verità sul rifiuto palestinese, sulla sua ferocia: Hamas usa senza remore la sua gente come scudi umani e Di Battista e Fratoianni non trovano oggi di meglio che attaccarsi alle bugie sul missile della Jihad Islamica ricaduto sulla Striscia. Il Pd più cauto, impetra la pace, e che altro? Intanto per le strade anche da noi si sventolano bandiere palestinesi, e si canta Bella ciao, insieme. E la sinistra, zitta.
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