L'analisi Quei 173 cambi di casacca

RomaBeati gli ultimi, che saranno i primi. Eppure il problema dei 173 cambi di casacca in soli due anni, vanto insuperabile di un mondo politico sempre più liquido e impalpabile, andrebbe riposto nella via di mezzo, in quell'indistinto uomo senza qualità che Musil vede annidarsi in ciascuno. Quel ventre molle nel quale il grigio è dominante e tutti i meriggi sembrano uguali, in quanto indifferenti.

Non si scomodi la categoria tragica del tradimento, dei Giuda rinnegatori della propria fede, degli apostati che si allontanano dalle convinzioni dell'ora prima ( apò stasis , allontanarsi da), perché è indubitabile che in politica il movimento, il posizionarsi alla ricerca del meglio, va annoverato tra i tratti costitutivi. Quando papa Niccolò I inaugurò la tradizione di collocare sul campanile di ogni chiesa cristiana una banderuola segnavento a forma di gallo, conosceva i suoi polli. Il riferimento era appunto a Pietro, «in verità ti dico: proprio tu oggi, prima che il gallo canti due volte, tu mi rinnegherai tre volte». Avesse potuto conoscere l'aristocratico senatore Compagna (quattro cambi di gruppo), di galli ne avrebbe messi due. E non si offendano i soccorritori del gallo cedrone Matteo con l'epiteto «fellone» ( fellone e pieno di maltalento, scrisse Boccaccio), perché nell'etimologia latina di fello si nasconde persino il significato di «infuriato, inferocito».

Inferociti contro se stessi, contro il proprio maltalento : la leggerezza ideale che induce ad annusare l'aria dominante e a seguirla con fiducia. Impagabile, a proposito, è la frase che Leonard Zelig, personaggio di Woody Allen, annota come origine del proprio mimetismo vitale: «Ho 12 anni, vado alla sinagoga, chiedo al rabbino qual è il significato della vita. Lui mi dice qual è il significato della vita, ma me lo dice in ebraico. Io non lo capisco, l'ebraico. Lui chiede 600 dollari per darmi lezioni di ebraico». Opportunisti, dunque, per mancanza di opportunità. Defezionisti, e l'origine da deficere tradisce la verità: si «manca» di qualcosa, e si cerca di colmare il vuoto con i trenta denari.

Beata l'Italia e l'italiano, con le sue mille sfumature. Dove il termine parlamentare trasformismo , nelle sue implicazioni moderne e più spigliate, nasce con la sinistra di Depetris da Stradella (un Renzi antelitteram?), che mirabilmente così lo giustificava: «Se qualcheduno vuole entrare nelle nostre file, se vuole accettare il mio modesto programma, se vuole trasformarsi e diventare progressista, come posso io respingerlo?» (Matteo non potrebbe dirlo meglio, forse l'ha già detto). Gattopardismo che prima di Tomasi di Lampedusa aveva raggiunto perfezione governativa con Giovanni Giolitti, quando usò gli ascari , deputati che oggi militerebbero più o meno in Gal, per assicurarsi i voti necessari. «Ascaro è chi non ha proprio programma e svolge ruolo gregario», spiega la lingua. Perciò questi Fregoli, camaleonti, fedigrafi, girella, doppiogiochisti, in realtà non inventano nulla di nuovo e di diverso da quel che Davide Lajolo, fascistissimo Federale di Ancona, raccontò nell'autobiografico romanzo Il Voltagabbana , spiegando che cosa lo condusse a trasformarsi nel partigiano Ulisse, per finire direttore dell' Unità . Eppure da quando oggi siamo di fronte a proporzioni da gregge transumante, da transmigrazione di stormi biblici, si preferisce senz'altro parlare di «contaminazione tra culture».

Anzi, in tempi magri e incerti, nemmeno più stampelle del governo sono, bensì «responsabili» che consentirono al centrodestra di reggere ai complotti, e a Monti di proseguirli. Ora finalmente «stabilizzatori» di un quadro politico affatto tragico e scandaloso, e misura organica dell'imperante pochezza ideale. Chi non ha gambe per reggerle, le idee, sale in groppa. A pagamento, s'intende.

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