L'Argentina va in default per la nona volta. Il ministro dice no all'ultimo piano di rientro

Il responsabile dell'Economia: "Basta con le sofferenze per la mia gente"

L'Argentina va in default per la nona volta. Il ministro dice no all'ultimo piano di rientro

«Questa è la nostra ultima offerta». Così ieri, sorridente e in un completo costosissimo, il ministro argentino dell'Economia, Martín Guzmán, un discepolo radicale di Stiglitz che non più tardi di 15 anni fa elogiava pubblicamente la politica economica di Hugo Chávez. Il ministro dell'Economia argentino ha posto così fine ieri a un tira e molla che andava avanti da sei mesi, leggendo un comunicato in cui ha chiarito che Buenos Aires rigetta la controproposta economica fatta dai «lupi di Wall Street», in quanto il suo paese «non sottoporrà la sua gente a ulteriori sofferenze». Inoltre, dopo un incontro con il presidente Alberto Fernández, che qualche giorno fa intervistato dal Financial Times aveva chiarito che non aveva nessun «piano economico in mente» e che il suo esecutivo non agiva «in modo ideologico», Guzmán ha chiarito che per quest'anno non ci sarà nessun «nuovo piano di pagamento».

Insomma, al di là dei soliti artifizi legali, da oggi l'Argentina è di fatto in default per la nona volta nella sua storia repubblicana. Non una sorpresa visto che avevamo già scritto lo scorso dicembre che ciò sarebbe accaduto dopo la stessa ammissione, per bocca dello stesso presidente Fernández, che il Paese del tango era entrato in «default tecnico», ovvero che non poteva più pagare gli interessi dei titoli obbligazionari in scadenza.

Da allora i negoziati tra Buenos Aires ed i suoi creditori sono continuati nonostante l'epidemia di coronavirus che non ha fatto che peggiorare le cose. Importante su tutti l'incontro in Vaticano, a fine febbraio, tra Kristalina Georgieva, la presidente del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e Guzmán. Un summit a porte chiuse su cui non è trapelato nulla se non che, con la mediazione di Papa Francesco, sarebbe «andato benissimo» a detta del ministro dell'Economia argentino che si ispira alla Teoria Moderna Monetarista, ovvero una versione turbokeynesiana che considera di fatto irrilevanti i debiti nazionali. Chissà che questi non siano anche i paradigmi del nuovo FMI, assai differenti da quelli che il Fondo difendeva negli anni Novanta quando proprio con l'Argentina fu inflessibile, portando poi al disastro del default di fine 2001.

«Questa sarà una crisi molto peggiore di quella di 20 anni fa spiega l'economista argentino Javier Milei, critico nei confronti della nuova economia di deficit spending senza limiti che porta avanti il suo paese perché oggi a Buenos Aires abbiamo un socialismo senza piani, come ammesso dallo stesso Fernández, e un capitalismo senza mercato, visto che l'ingerenza statale durante la pandemia non ha fatto che aumentare, espropriando aziende ed entrando nel capitale sociale privato da parte dei nuovi padroni del vapore di qui, ovvero il kirchnerismo e i suoi supporter più radicali,

ovvero i manager pubblici de La Campora». Da vedere come reagirà Wall Street di fronte all'ultimatum di Guzmán, probabilmente non malissimo visto che le vie del Signore così come quelle dei «Lupi di Wall Street» sono infinite.

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