L'intimidazione è l'arma psicologica storicamente preferita dai russi nella loro guerra (fredda o quasi calda, secondo le fasi attraversate) contro il detestato Occidente. Il suo obiettivo è indebolire la tenuta dello schieramento avversario sul piano sociale, politico e, da ultimo, militare. Il suo vero bersaglio, fin dai tempi dell'Unione Sovietica, è l'opinione pubblica occidentale: a Mosca calcolano che, agitando lo spettro della catastrofe nucleare, la indurranno a premere sui governi europei affinché scelgano la «pace» e riducano o addirittura azzerino il loro sostegno ai nemici della Russia. Il che, oggi, significa all'Ucraina.
Al di là della propaganda su avanzate russe in realtà quasi insignificanti, la guerra di Putin a Kiev è un fallimento strategico. La Russia è ridotta a bombardamenti terroristici sulla città di Kharkiv, e siccome essa sorge a soli 50 chilometri dai suoi confini, può farlo lanciando missili dal suo territorio: da qui la sofferta decisione dei principali alleati occidentali di consentire agli ucraini di usare le loro armi per colpire gli aggressori in Russia. Ora Putin minaccia di ricorrere all'arsenale atomico «per difendere la patria». Ma è un bluff già più volte tentato. E questo per tre sostanziali ragioni.
La prima si chiama Nato. C'è un motivo preciso se dal 1949 (anno in cui USA e URSS hanno cominciato ad avere entrambi arsenali nucleari) abbiamo avuto la pace in Europa: si chiama «distruzione reciproca assicurata», ovvero la certezza matematica che se una parte usasse l'atomica, l'altra avrebbe tempo e modo di rispondere con potenza devastante equivalente o superiore. In altre parole, non solo nessuno può vincere una guerra nucleare, ma nemmeno può illudersi di avviarne una contenuta secondo i suoi disegni. E questo Putin lo sa benissimo, anche se qualche suo tirapiedi ciancia di trasformare la Polonia o l'Inghilterra in deserti post-atomici.
La seconda ragione si chiama Cina. Il principale alleato di Putin non può permettersi di diventare suo complice in un'aggressione atomica per quanto mascherata, e sarebbe costretto ad abbandonarlo con conseguenze per lui disastrose. Non solo: a quel punto, anche il resto del mondo vedrebbe in Putin un pericoloso criminale, condannandolo a un fatale isolamento personale.
La terza ragione è interna alla Russia. Putin, per quanto paranoico e circondato da yesmen guerrafondai, non può autorizzare da solo l'uso di atomiche.
Esiste anche in Russia una catena di comando militare sufficientemente complessa per far sì che il buon senso prevalga: i generali sono i primi a sapere cosa accadrebbe alla Russia se innescassero un conflitto nucleare.
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