L'armata di studenti in bici che spaventa il regime di Xi

Migliaia di ragazzi alle "pedalate notturne". Prima promosse dal governo, ora vietate: timori di dissenso

L'armata di studenti in bici che spaventa il regime di Xi
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Allenta un po' la catena con i giovani e non sai mai come può andare a finire: meglio stringerla di nuovo. In forte sintesi, dev'essere un po' questo il pensiero che ha attraversato la mente delle autorità comuniste delle città cinesi di Zhengzhou e Kaifeng, nella provincia centrale di Henan. La catena in questione non è solo quella che un regime autoritario ossessionato dalla stabilità come quello di Xi Jinping tiene ben stretta al metaforico collare dei suoi sudditi: è anche quella delle decine di migliaia di biciclette su cui altrettanti studenti delle scuole superiori e delle università avevano cominciato a pedalare nel freddo della sera di novembre sui quasi 50 chilometri che separano le due città, seguendo una moda che inizialmente era stata lanciata dall'alto (e quindi dal Partito stesso) per favorire il turismo nell'antica città imperiale di Kaifeng.

Si sa come succede in Cina. Se si lancia una moda in un Paese che ha un miliardo e 400 milioni di abitanti, è un attimo che qualche milione di persone la seguirà. Sulla lunga strada di Zhengkai, che unisce le due città, le scorse notti erano in decine di migliaia i ragazzi che pedalavano con entusiasmo. Per fare qualcosa di diverso tutti insieme, per farsi una mangiata dei famosi ravioli di Kaifeng all'arrivo, o magari soltanto come ha raccontato una ragazza un po' più concentrata sui problemi della vita per dimenticare per qualche ora tensioni e angosce legate allo studio e alle prospettive future di lavoro.

Ed eccolo qui il problema per il potere politico cinese. Anche se non risulta che qualcuno avesse approfittato dell'occasione per lanciare slogan contro il Partito o per avviare discussioni troppo libere, il solo fatto che decine di migliaia di giovani si riunissero in modo spontaneo, senza alcun controllo politico, ha preoccupato il regime. Nella primavera del 1989, a Pechino, non si spostavano forse in bicicletta quelle decine di migliaia di studenti con la testa un po' troppo indipendente che arrivarono a lanciare una protesta di massa per la democrazia e contro il potere comunista in piazza Tienanmen? Quella protesta finì schiacciata nel sangue di migliaia di ragazzi e non è un caso se, ancor oggi a 35 anni di distanza, in Cina vige una censura assoluta sui «fatti di Tienanmen»: non è nemmeno consentito digitare la parola su internet, meno che mai parlarne in pubblico, sicché gran parte dei giovani cinesi nemmeno sa cosa accadde la sera del 4 giugno 1989, oppure crede che si tratti di un'invenzione della propaganda occidentale.

A scanso di pericoli, le autorità dello Henan hanno chiuso alle biciclette il traffico tra Zhengzhou e Kaifeng, con il pretesto che questo fosse diventato eccessivo e che troppe bici in affitto fossero state abbandonate dagli studenti nella città degli squisiti ravioli, lasciando i pendolari di Zhengzhou a

piedi. Finite le pedalate serali, rimane una morale da trarre da questa storiella cinese: pensare a ruota libera fa sempre una maledetta paura ai regimi, non importa di quale colore. Loro preferiranno in ogni caso il freno.

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