Ci sono scrittori, cantanti, pittori, scultori, architetti, registi, artisti di ogni genere: da Luciano Ligabue a Roberto Saviano, da Manuel Agnelli a Marco Bellocchio, da Michela Murgia ad Alessandro Baricco, fino al regista britannico Ken Loach. Sotto la volta michelangiolesca della Cappella Sistina, il Papa riceve in udienza 200 artisti in occasione del cinquantenario della Collezione d'Arte moderna e contemporanea dei Musei Vaticani. «Quando si opera nell'arte i confini si allentano e i limiti dell'esperienza e della comprensione si dilatano. Tutto appare più aperto e disponibile. Allora si acquista la spontaneità del bambino che immagina e l'acutezza del veggente che coglie la realtà. Sì, l'artista è un bambino - non deve suonare come un'offesa - significa che si muove anzitutto», sottolinea Francesco riscuotendo lunghi applausi dalla platea. «Siete un po' come i profeti. Sapete guardare le cose sia in profondità sia in lontananza, come sentinelle che stringono gli occhi per scrutare l'orizzonte e scandagliare la realtà al di là delle apparenze», prosegue. «Come i profeti biblici, ci mettete di fronte a cose che a volte danno fastidio, criticando i falsi miti di oggi, i nuovi idoli, i discorsi banali, i tranelli del consumo, le astuzie del potere. È interessante questo nella psicologia, nella personalità degli artisti: la capacità di andare oltre, di andare oltre, in tensione tra la realtà e il sogno», aggiunge Francesco.
Poi l'appello: «Non dimenticare i poveri, che sono i preferiti di Cristo, in tutti i modi in cui si è poveri oggi. Anche i poveri hanno bisogno dell'arte e della bellezza. Alcuni sperimentano forme durissime di privazione della vita; per questo, ne hanno più bisogno. Di solito non hanno voce per farsi sentire. Voi potete farvi interpreti del loro grido silenzioso». L'arte, ribadisce il Papa, «non può mai essere un anestetico; dà pace, ma non addormenta le coscienze, le tiene sveglie». «Siamo in un tempo di colonizzazioni ideologiche mediatiche e di conflitti laceranti - ribadisce il Papa - una globalizzazione omologante convive con tanti localismi chiusi. Questo è il pericolo del nostro tempo».
Al termine del discorso, interrotto da lunghi applausi, il Pontefice ha voluto salutare uno a uno gli artisti presenti. Il regista Marco Bellocchio ha apprezzato l'attenzione e la sensibilità di Francesco nei confronti degli artisti: «Perché ha intuito che la strada dell'arte, della bellezza, dell'invisibile è una strada straordinaria proprio per permettere a chi crede e a chi non crede di dialogare e di parlarsi. Questa è l'unica strada possibile in un mondo così in pericolo», ha detto al termine dell'incontro, dopo aver invitato Bergoglio a vedere il suo ultimo film «Rapito».
Per Manuel Agnelli, quello del Pontefice «è stato un discorso politico molto forte perché legittima la figura delle persone di cultura, degli artisti in un momento in cui in tutto il mondo la cultura viene messa in un angolo dai governi e dalle istituzioni».
Commenta il cantautore Simone Cristicchi: «Molto bello il paragone tra l'artista e il bambino, il profeta. Nella purezza e nell'innocenza del bambino c'è la visione». Emozionato anche il rocker Luciano Ligabue: «Francesco ha fatto un bellissimo discorso, è stato veramente emozionante stare a contatto con lui e sentire le sue parole.
Il Papa deve essere un ponte tra quassù e laggiù e io in lui vedo un grande rappresentante, mi sono davvero emozionato. Quello di farsi grido dei poveri è uno dei valori cristiani in cui credo di più e che lui rappresenta molto bene».
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