L'assessore rischia 6 anni e tra i giudici c'è l'ex pm

Elia ritrova il suo accusatore nella sezione che deve giudicarlo. Un incubo che gli ha distrutto la carriera

L'assessore rischia 6 anni e tra i giudici c'è l'ex pm
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Invocare la Corte di giustizia europea va bene per i migranti, non per un cittadino italiano incensurato. Soprattutto se ha l'aggravante di essere Gabriele Elia (nella foto), ex assessore di Forza Italia che si proclama innocente rispetto a una condanna a sei anni per una tangente fantasma da mille euro e una corruzione senza corruttore, che gli ha già fatto scontare carcere preventivo e arresti domiciliari, scassandogli vita e carriera. Eppure nella sezione della Cassazione che domani ne deciderà il destino - a meno di colpi di scena come un cambio di sezione last minute e un ulteriore slittamento della sentenza - c'è il pm che ha sostenuto l'accusa, già militante di Magistratura democratica oggi in Area, che dieci anni fa (sic!) a Cellino San Marco (Brindisi) lo arrestò nel feudo di Al Bano con tanto di elicotteri e mitra spianati, neanche fosse Totò Riina, proprio mentre in Parlamento si discute il disegno di legge costituzionale per la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante. Peraltro, secondo quanto risulta al Giornale, lo stesso giudice, oggi legato alla corrente che faceva capo a Piercamillo Davigo, avrebbe fatto richiesta di tornare a fare il pm a Lecce, competente come corte d'Appello sulle indagini del suo ex distretto di Brindisi.

Anche le accuse paiono abbastanza debolucce: si tratta di mille euro di sponsor, incassati dall'allora sindaco di Cellino San Marco con cui peraltro Elia era in rotta da mesi, una cessione avvenuta davanti al papà di un ufficiale della Dia che in aula smentì la ricostruzione della Procura. Si può indagare qualcuno per corruzione senza sapere di chi sono i soldi? C'è una sentenza che condanna il corruttore con corrotto ignoto, non il contrario.

Tutto regolare? L'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo enuncia il diritto di ogni persona «a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale in- dipendente e imparziale». È imparziale una sezione in cui lavora il pm che ha «costruito» il processo, che non sarà nel collegio giudicante (ci mancherebbe) ma che è il collega di ufficio di coloro che giudicheranno? C'è stata una interrogazione parlamentare di Alessandro Cattaneo di Forza Italia, il Guardasigilli Carlo Nordio sostiene che questa circostanza non dovrebbe essere possibile («nelle riforme che faremo non sarà più così», ribadisce il Guardasigilli). Se passa la riforma è previsto un concorso unico, con l'obbligo di indicare subito quale funzione si intende scegliere tra pm e giudice. Dopo cinque anni può scegliere: se si cambia, si deve lasciare il distretto giudiziario, sostenere un esame orale e frequentare un corso di formazione presso la Scuola della magistratura. E la scelta diventerebbe irrevocabile.

In teoria questo «conflitto d'interessi» dovrebbe peraltro già essere circoscritto dalla riforma della giustizia firmata da Marta Cartabia, eppure nessuno solleva obiezioni né fa appello alla Corte di Giustizia Ue che tante volte ha bacchetttato l'Italia, dalla smisurata lunghezza dei processi ai troppi condannati per ingiusta detenzione.

«Salvo il Giornale, Libero, Il Riformista, l'Unità, l'Edicola e alcuni siti, gli altri tutti zitti - ricorda l'ex deputato Sergio Pizzolante su Facebook - la libera stampa, quella che ogni giorno ci fa lezioni di comportamento, che grida al fascismo degli altri, niente. Niente». A pensar male è perché Elia è bianco e di destra.

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