L'atomica iraniana va ko. Teheran contro Israele: "È un atto di terrorismo"

Incidente al principale impianto per arricchire l'uranio. La pista del cyberattacco del Mossad

L'atomica iraniana va ko. Teheran contro Israele: "È un atto di terrorismo"

Un «incidente» a Natanz, centrale nucleare iraniana, sempre in primo piano, già investita nel luglio scorso da una misteriosa esplosione, ha fermato proprio il giorno dopo l'inaugurazione le nuove, bellissime, centrifughe di ultima generazione, proibite dall'accordo Jcpoa stretto nel 2015.

Sabato scorso il presidente Rouhani aveva annunciato che l'Iran aveva iniziato a iniettare l'uranio in forma di gas hexafluoride nelle centrifughe di Natanz IR-6 e IR-5. Una tecnica molto avanzata e veloce, fuori delle norme, usando la quale (oltre forse ad altri sistemi) «in meno di quattro mesi» come aveva annunciato Behrouz Kamalvandi il portavoce della AEOI l'Organizzazione Atomica Iraniana qualchegiorno prima «abbiamo prodotto 55 chili di uranio arricchito al 20 per cento, e in meno di otto mesi possiamo raggiungere i 120 chili». Passi evidenti sulla strada della bomba atomica nonostante una beffarda assicurazione che si tratta di strutture civili, minacce palesi proprio mentre il presidente Hassan Rouhani di ritorno dagli Usa, riferendosi al summit di Vienna si era vantato che «tutte le parti del patto nucleare hanno concluso che non c'è nessuna conclusione migliore del Jcpoa e che non c'è nessuna altra strada che la sua totale realizzazione».

Una sfida, per altro in questi giorni riportata dai mallevadori europei (per ora Iran e Usa non si incontrano direttamente) ai due maggiori interlocutori, che risulta evidente: per noi, dice l'Iran, il blocco immediato delle sanzioni, anche di quelle non legate all'arricchimento atomico (per esempio quelle sui diritti umani, o sull'assalto balistico al Medio Oriente) per voi la ripresa del patto da cui Trump ha ritirato gli Usa nel 2018. Un patto che non ha mai garantito che l'Iran rinunciasse ai suoi fini atomici e bellici, oltre a restare inchiodata alla sua totale violazione dei diritti umani. La centrale ha subito «un'interruzione dell'elettricità»: qui non si tratta di impianti che si fermano tagliando un filo o toccando un interruttore. Il blocco è complesso, e arresta processi superveloci e protetti, il cui «stop» comporta un danno consistente e perdurante nel tempo. É dunque una delle tante imprese che si sospettano compiute dalla mano del Mossad (ieri il canale 13 della TV israliana ha parlato di una fonte occidentale attendibile) nel cuore del regime degli Ayatollah e fra i ranghi delle Guardie della Rivoluzione.

La lista è infinita e impressionante; l'eliminazione del capo del sistema atomico Fahrizadeh; l'asporto degli archivi atomici per cui l'Iran seguitava a costruire la bomba dopo l'accordo; attacchi alle centrali; scontri navali fra cui l'attacco nel Mar Rosso di un cargo «Saviz», una piattaforma logistica di supporto delle Guardie della Rivoluzione per le guerre mediorentali; innumerevoli operazioni dal cielo, nelle acque, per bloccare il rifornimento e la costruzione iraniani di armi ai suoi «proxy» in Siria, Hezbollah, libanesi e iracheni e a Hamas.

Ieri pomeriggio è giunto in Israele il segretario alla difesa americano Lloyd Austin, un amichevole e severo gigante. Devono essere state dette parole significative: l'attacco a Natanz segnala parecchie cose per l'agenda americana. Per esempio, che pare che Israele abbia una struttura di intervento a Teheran molto robusta, e non consentirà di distruggerla al Paese che ha giurato con intento ideologico profondo e sincero.

L'Iran, gli Usa lo sanno, tesse le sue tele anche con la Cina e gli Stati dell'Asia Centrale. Zarif si è appena fatto un bel giro da quelle parti. Anche gli Ayatollah, che hanno definito «un attacco terroristico» quello di Natanz, lanciano le loro minacce agli Usa di Biden. Tempi di scelte difficili.

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