L'automotive lombardo è a pezzi. A Brescia scoppia il caso Timken

Dopo la Gianetti in arrivo altri 106 licenziamenti. I dipendenti Whirlpool bloccano la stazione a Napoli

L'automotive lombardo è a pezzi. A Brescia scoppia il caso Timken

È un paesino di 10mila anime in provincia di Brescia a dare il via alla stagione delle vertenze lavorative dopo lo sblocco dei licenziamenti dell'epoca Covid. A Villa Carcina si respira a pieni polmoni lo sconforto che regna tra gli operai della Timken, stabilimento specializzato nella produzione di cuscinetti a rulli per il mercato ferroviario e automotive. Qui la comunicazione di chiusura del polo industriale è arrivata come un fulmine a ciel sereno, dopo che «poche settimane fa erano stati assunti nuovi dipendenti», spiegano gli operai. E invece nelle scorse ore è arrivata la scure per 106 lavoratori, tutti provenienti dalla Valtrompia e dalla provincia di Brescia. Aperto nel 1978 dalla Gnutti Carlo spa, l'impianto è stato acquisito nel 1996 dalla multinazionale statunitense presente in 42 Paesi nel mondo. Una storia che rischia di finire in questo 2021. Terminata la cassa integrazione di un anno, infatti, i 106 operai rimarranno senza lavoro.

«Questo cambiamento, per quanto difficile, è necessario per ottimizzare le attività e riorganizzare l'assetto produttivo dell'azienda, con l'obiettivo di servire al meglio i clienti globali», si legge in un passaggio della nota diffusa dall'azienda. Parole che non convincono gli operai e i loro rappresentanti, per i quali «il lavoro non è mai mancato, così come gli ordinativi». Davanti allo stabilimento di Villa Carcina in centinaia sono in presidio permanente: c'è chi lavora lì da 27 anni, chi ha un mutuo e tre figli (l'ultimo di 20 giorni), chi ha sempre confidato nelle parole dei dirigenti quando dicevano «siamo una grande famiglia». A dominare, intanto, sono i dubbi sulla drastica decisione. E mentre è atteso per oggi un incontro tra parti sociali, istituzionali e dirigenza, dai sindacati trapela il contenuto dei primi confronti: «Ci hanno detto che se firmiamo il licenziamento in cambio danno un anno di cassa integrazione per cessata attività, ma abbiamo detto che non ci sono motivi economici per una scelta del genere». Ma è tutta Italia da Nord a Sud - a ribollire dei primi effetti dello sblocco dei licenziamenti: alla stazione centrale di Napoli 150 lavoratori della Whirpool hanno protestato contro i licenziamenti della multinazionale occupando i binari dei treni ad alta velocità e bloccando i convogli in partenza. Soltanto la scorsa settimana gli operai avevano ricevuto la solidarietà del premier Mario Draghi, arrivato a Santa Maria Capua Vetere, ma il deterioramento dei rapporti con la multinazionale ha fatto scattare il blitz, con l'accusa di una «scelta scellerata che non rispetta gli accordi e che non usa la cassa integrazione gratuita manifestando un accanimento ingiustificato». Clima rovente anche a Firenze, dove migliaia di lavoratori hanno protestato contro la chiusura dello stabilimento della Gkn Driveline di Campi Bisenzio e il licenziamento dei 422 dipendenti annunciati dalla proprietà via mail.

Situazione critica anche in Monza e

Brianza, dove dopo l'annuncio della messa in liquidazione della storica azienda Icar (220 operai), che scuote la provincia e la Lombardia da mesi, è scoppiato anche il caso della Gianetti Ruote con i suoi 152 dipendenti.

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