Il lavoro inteso solo come diritto

Il mondo del lavoro è al centro di tensioni che affondano nelle difficoltà di lungo periodo della nostra economia, accentuatesi a seguito delle misure adottate per far fronte al Covid-19.

Il mondo del lavoro è al centro di tensioni che affondano nelle difficoltà di lungo periodo della nostra economia, accentuatesi a seguito delle misure adottate per far fronte al Covid-19. Così a Campi Bisenzio, lo stabilimento Gkn che produce semiassi per automobili è stato occupato dagli operai dopo che oltre 400 lavoratori erano stati informati di aver perso il posto di lavoro a seguito dei primi «sblocchi» dei licenziamenti. Un'economia già in difficoltà come la nostra era destinata a subire gravi conseguenze dai lockdown e dalle altre restrizioni: adesso i nodi vengono al pettine.

Al tempo stesso, però, vi sono interi settori dall'informatica al turismo che non trovano addetti. Il Rapporto 2021 della Fondazione per la Sussidiarietà, realizzato in collaborazione con il Crisp dell'università Bicocca di Milano, evidenzia che le imprese italiane «sono a caccia di circa 200.000 lavoratori ed a volte faticano a trovarli». Basti dire che nel 2020 su mille occupati c'erano 8 posizioni da coprire, mentre ora sono ben 15 le posizioni scoperte.

Quale nesso ci può essere tra i licenziati della Gnk e le imprese italiane alla ricerca di dipendenti? Ciò che purtroppo tiene assieme tutto è la rigidità del mercato italiano, con cui ora dobbiamo fare i conti ancor più di quanto non dovessimo fare prima della pandemia; perché mentre in America perdere il posto non è drammatico (data la forte mobilità), da noi è una tragedia.

Certo non necessariamente quanti restano a casa in Toscana possono essere assorbiti da chi cerca nuovi assunti nelle Marche: vi sono problemi legati alla collocazione geografica delle imprese e anche alle competenze, soprattutto se si considera come sottolinea il Rapporto citato che molti di coloro che cercano un'occupazione sono privi di competenze digitali, non sanno l'inglese e non intendono assumere responsabilità. Sullo sfondo, c'è poi il progressivo venir meno di una cultura del lavoro, inteso come attitudine a mettersi al servizio del prossimo. Perché oggi il lavoro è sempre più inteso un diritto rivendicato da chi pretende un reddito, e non già come un'attività volta a soddisfare le esigenze altrui, quali vengono individuate sul mercato. In effetti, in ogni economia di scambio il senso di ogni attività è più nei destinatari di quei servizi che nei produttori stessi. In questo quadro, l'introduzione del reddito di cittadinanza voluto dai grillini ha aggravato una situazione già compromessa, specialmente al Sud.

La possibilità di risalire la china c'è, ma esige un cambio di paradigma che superi le logiche assistenziali e introduca

forme di flessibilità. Perché se non si capisce che un mercato del lavoro ingessato genera enormi problemi e ancor più in una fase come quella che stiamo vivendo, difficilmente si potranno individuare soluzioni adeguate.

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