L'azienda modello di efficienza fra paradisi fiscali e Agnelli

La Ferrotramviaria, che gestisce il servizio sulla tratta, è dei conti Pasquini, parenti della "real casa di Torino"

Da Wikipedia
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C' è un pizzico di nobiltà, tanta storia e una buona reputazione di efficienza, oltre che cronaca giudiziaria, dietro la società che gestisce le tratte dei pendolari in Puglia, come quella fra Corato e Andria, dove è avvenuto il tragico disastro ferroviario. La Ferrotramviaria Spa, infatti, è stata fondata nel 1937 dal conte Ugo Pasquini e ancora oggi è la famiglia Pasquini a possedere la maggioranza del capitale sociale (oltre il 61 per cento). Ma, guarda caso, il conte Enrico Maria Pasquini da qualche tempo non figura più tra gli azionisti. Eppure il settore dei trasporti è sempre stato un vecchio business di famiglia. Ma niente paura, ora a tirare le fila ci sono sempre i Pasquini. Essì, perché la moglie del conte, Clara Nasi, possiede il 12,7 per cento delle azioni, mentre la sorella, Gloria Maria Pasquini, è alla guida della società.

Il conte, dal canto suo, negli anni passati si è dato molto da fare, impegnandosi soprattutto nella finanza piuttosto che nell'azienda fondata dal nonno. Romano di nascita e molto radicato in Puglia, Pasquini ha tentato di costituire nel 2007 un istituto di credito cooperativo, Banca Aurora, ma da Bankitalia è arrivato il «niet» e i 600 soci sono stati rimandati a casa. Ma il conte si è mosso a lungo anche in altri lidi finanziari, seppure considerati non proprio ortodossi. E le parentele sono state importanti, come quella, sebbene lontana e acquisita, con gli Agnelli. La moglie Clara Nasi, infatti, è figlia del barone Emanuele Nasi, cugino di Gianni Agnelli. Una parentela, però, che è servita quantomeno a garantirgli le attività della Smi, la sua prima fiduciaria aperta a San Marino, e quelle della Amphora con sede invece a Roma. Sulle attività di Amphora ha indagato a lungo la Procura della Repubblica di Roma Gli investigatori nel corso della lunga inchiesta hanno scoperto un giro di trasferimenti di capitali in nero tra l'Italia e vari paradisi fiscali e penali. A cominciare proprio dalla Repubblica di San Marino, laddove il conte ha sempre mantenuto solide radici ed entrature, tanto da diventare diplomatico del piccolo Stato, quindi con passaporto e immunità.

La copertura diplomatica però si è interrotta nel 2010 con la sospensione del passaporto richiesta dallo stesso Pasquini poco dopo l'arrivo della rogatoria della Procura di Roma sul caso Amphora. Ma la rinuncia al passaporto da parte di Pasquini non ha significato la fine degli affari. Il sistema Smi ha continuato a funzionare grazie al cognato Andrea Pavoncelli. Un'intesa che si è concretizzata con la United Investment Bank, nel paradiso fiscale di Vanuatu, che ha servito da schermo per i numerosi bonifici fra Italia e San Marino. E i Pm che hanno in mano l'inchiesta per truffa al Monte Paschi hanno individuato un passaggio di 1,4 milioni di euro partiti da Vanuatu e arrivati al manager di Mps Alessandro Toccafondi, scudati mediante la Smi di San Marino e la controllata italiana Amphora, entrambe società del conte. Toccafondi era il numero due di Gianluca Baldassarri, capo dell'area finanza di Mps, arrestato dalla magistratura di Siena, che a sua volta ha scudato 14 milioni di euro.

Toccafondi ha sempre sostenuto che le operazioni fatte con le società del conte Pasquini erano consulenze personali e non tangenti incassate ai danni dell'istituto senese.

Dall'inchiesta Mps emerge che Pavoncelli, cognato del conte, stia collaborando con i magistrati, ma ancora non si sa se la sua testimonianza coinvolga anche Pasquini, che di guai giudiziari ne ha già collezionati.

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