Il leader progressista che non accoglie e che si è già distinto per le sue gaffe

Ottawa ospiterà soltanto 1500 migranti destinati in America

Il leader progressista che non accoglie e che si è già distinto per le sue gaffe
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Washington - Justin Trudeau c'è ricascato. Ormai non c'è vertice internazionale nel quale il premier canadese non finisca per creare un qualche incidente diplomatico con i suoi interlocutori. Prima della «sorprendente» frase sui diritti Lgbtq rivolta a Giorgia Meloni, nel loro faccia a faccia a Hiroshima, Trudeau era riuscito a fare perdere la calma in pubblico perfino a Xi Jinping, attentissimo interprete della massima confuciana, «niente è più visibile di ciò che è nascosto». Era accaduto al G20 dello scorso novembre a Bali. In quell'occasione, le telecamere immortalarono il momento in cui Xi bacchettava Trudeau, colpevole di avere reso pubblico il contenuto riservato del loro incontro bilaterale. Alla replica imbarazzata del premier canadese, il leader cinese rispose con un gesto della mano, a troncare la discussione, e si allontanò con un sorriso di ghiaccio. Il meccanismo, anche in quell'occasione, era stato lo stesso: le indiscrezioni fatte trapelare alla stampa canadese. Figlio d'arte, al terzo mandato da premier (un record), attentissimo alle questioni dei diritti, dell'inclusività, un po' meno a quelle economiche, come gli rimprovera la stampa d'opposizione, Trudeau all'inizio della sua avventura politica è stato circondato dalla stessa aura glamour che avvolgeva sua madre, la bellissima Margaret, a lungo star delle riviste patinate dell'epoca. Finita la luna di Miele con la stampa, sono iniziati i guai. Come nel celebre «black face scandal», che qualche anno fa gli costò accuse di razzismo, quando sbucò una sua foto del 2001, scattata ad un party, in cui era vestito da Aladino, con la faccia oscurata dal trucco. Seguirono scuse. Ancora scuse, stavolta per l'accusa di «appropriazione culturale», dopo che nel 2018, nel corso di un viaggio in India, si fece fotografare con la famiglia davanti a un tempio, tutti vestiti con costumi tradizionali.

L'effetto era un misto tra il Christian De Sica di «Natale in India» e il Peter Sellers di «Hollywood Party». Il «politicamente corretto», insomma, ha finito per rivelarsi boomerang. Trudeau, naturalmente, è anche attentissimo ai diritti dei migranti. Lo è un po' meno quando si tratta di mettere in pratica i proclami, come è avvenuto recentemente, quando il vicino di casa Joe Biden gli ha chiesto di farsi carico, in parte, delle centinaia di migliaia di irregolari e richiedenti asilo che cercano di entrare negli Usa dalla frontiera col Messico. Il Canada, Paese sconfinato, ne ospiterà in tutto circa 1.500.

Anche sul fronte dell'alleanza transatlantica e del sostegno all'Ucraina, Trudeau è molto abile nelle dichiarazioni, un po' meno concreto nei fatti. Dai «leaks» del Pentagono pubblicati su Internet nei mesi scorsi è emerso che gli Usa sono seriamente preoccupati dell'inconsistenza delle forze armate canadesi.

In un documento si citava lo stesso Trudeau, che ammetteva che il suo Paese non raggiungerà mai l'obiettivo di spesa militare del 2% del Pil, richiesto dalla Nato. «Mancano le condizioni politiche», la spiegazione del premier.

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