Da Matteo Salvini al tesoriere Alberto Di Rubba, dal sottosegretario Claudio Durigon all'ex ministro ora presidente della Camera Lorenzo Fontana, solo per citarne alcuni. Dall'enorme quantità di accessi abusivi per spiare conti correnti e dati riservati emerge una speciale attenzione per gli uomini della Lega. Il partito di Salvini monitora da mesi quel che emerge dall'inchiesta di Perugia e adesso ha deciso di passare al contrattacco, non solo politico ma legale. Il dossier è in mano a Simonetta Matone, deputata ed ex magistrato. Al momento si valuta un esposto, in attesa che dall'indagine emergano elementi per identificare la Lega come parte lesa all'interno del procedimento, in quel caso si materializzerebbero le condizioni per una denuncia penale. C'è già anche un ventaglio di ipotesi di reato al vaglio: «Io da ex magistrato ne ipotizzo quattro: accesso abusivo ai sistemi informatici, rivelazione di segreto d'ufficio, corruzione se hanno pagato qualcuno per ottenere i dati, e infine, per i giornalisti coinvolti, ricettazione», spiega Matone. Per la denuncia si aspettano gli sviluppi dell'inchiesta dei pm, «intanto potremmo procedere con un esposto. Già da quello che è filtrato è abbastanza evidente che la Lega sia stata particolarmente attenzionata da Striano. E probabilmente da quelli che lavoravano con lui». Il calcolo preciso è stato fatto dal deputato leghista Gianluca Cantalamessa, componente della commissione Antimafia: 230mila accessi illeciti in tre anni, uno ogni minuto e 21 secondi. «Ho lavorato 41 anni nelle procure, prima in quella minorile poi alla Procura Generale presso la Corte di Appello di Roma. Posso dire che le procure sono gli uffici più gerarchizzati che ci siano - spiega la deputata leghista -. È impossibile che un investigatore agisca con un'assoluta autonomia. Tutto quello che facevamo di fuori dall'ordinario doveva essere riportato al procuratore capo. Per questo, osservando la successione temporale degli accessi di Striano ed il numero impressionante degli stessi, la domanda che mi viene spontanea è: possibile che abbia agito da solo?». La Matone si dà da sola una risposta: «Mi sembra molto difficile che nessuno dei suoi superiori fosse a conoscenza della sua attività, già questo è impossibile in una normale procura, a maggior ragione lo è nella Direzione Nazionale Antimafia. Quando facevo il pm per ottenere un certificato dei carichi pendenti o l'anagrafica di un certo soggetto per studiare connessioni familiari nel campo dei maltrattamenti dovevo indicare al mio stesso ufficio il numero del procedimento per il quale lo chiedevo. Non avrei potuto ottenerlo solo per farmi i fatti di qualcuno. Qui invece vediamo accessi ripetuti per ricavare dati riservati. Per quale finalità investigativa?». La commissione parlamentare Antimafia sta indagando sul dossieraggio, con audizioni dei magistrati che avevano responsabilità sul servizio Sos, le segnalazioni sospette. Tra i parlamentari in commissione siede l'ex capo della Dna Federico Cafiero de Raho, ora deputato M5s, in un evidente conflitto di interesse. «Non è tenuto a dimettersi, ma ragioni di buon gusto istituzionale e opportunità renderebbero necessario un passo indietro. Penso solo alle possibili audizioni dei soggetti coinvolti, un tempo suoi sottoposti» dice Matone. Dopo immigrazione e giustizia (processo Open Arms), il dossieraggio è quindi un altro fronte su cui la Lega, Salvini in testa, intende dare battaglia.
Il sottosegretario leghista al Mef Federico Freni elenca «accessi abusivi, attività di spionaggio e acquisizione impropria di documenti», ultimi i settemila accessi del funzionario di banca Intesa a Bari o la notizia del dossier raccolto su Lorenzo Fontana, «l'ennesimo episodio di un'operazione illecita e inaccettabile che punta a colpire il nostro partito». «La Lega è vittima di spionaggio da anni, parlano i fatti» riassume Andrea Crippa, vicesegretario della Lega, vicinissimo a Salvini.
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