C'è un po' di bagarre attorno all'approvazione dell'assegno unico destinato alle famiglie: la Lega di Matteo Salvini ritiene che l'assegno non debba andare a coloro che vivono nel Belpaese da appena due anni. Questo - soprattutto - è il punto sollevato dai leghisti in queste ore, subito dopo il passaggio in Consiglio dei ministri del decreto attuativo. La battaglia è portata avanti soprattutto dal ministro dal ministro Elena Bonetti, espressione d'Italia Viva. Adesso spetterà alle commissioni parlamentari analizzare il tutto.
Il provvedimento, stando a quanto era trapelato, dovrebbe avere questi requisiti di accesso: la previsione parlava di 175 euro mensili, che sarebbero peraltro sostitutivi di alcune detrazioni fiscali, per tutti coloro che hanno dei figli. Una cifra che scende ad 85 euro quando si tratta di figli che hanno tra i 18 ed i 21 anni. L'assegno è stato pensato come scalabile: nel senso che la cifra corrisposta dallo Stato varia a seconda dell'Isee, ma interessa comunque tutti, oltre a non presentare particolari limiti di accesso. E proprio su qualche limite verte la critica del Carroccio.
Fabrizio Cecchetti, vice capogruppo alla Camera della Lega, non è affatto in disaccordo con la misura in sé e per sé:"Attendiamo il testo ufficiale, prima di giudicarlo, ma concordiamo con l’idea di uno strumento di sostegno alle famiglie con figli, come un assegno unico universale che accompagni la crescita dei bambini fino alla maggiore età. E ovviamente applaudiamo ad uno strumento che darebbe ulteriore sostegno alle famiglie con figli disabili", ha premesso, così come ripercorso dall'agenzia Nova. Poi però arriva una specificazione che tende a valutare in maniera negativa l'allargamento delle maglie sull'assegno unico in favore di persone che non vivono in Italia da molto tempo: "Fatta questa premessa sugli aspetti positivi riteniamo però che sarebbe inaccettabile che questa misura venga estesa, come leggiamo dalle anticipazioni, anche ai cittadini stranieri, comunitari o extracomunitari, con soli due anni di residenza nel nostro Paese", ha tuonato il leghista.
La Lega pensa che, in questo modo, si farebbe una sorta di torto a chi versa le tasse da parecchio: "Così questa misura - ha incalzato Cecchetti, che è anche il coordinatore della Lega in Lombardia - finirebbe a immigrati che finora non hanno versato le tasse nel nostro Paese, che non hanno contribuito al nostro Welfare e si troverebbero ad incassare un sostegno che, parametrato poi sul numero di figli, andrebbe quasi interamente a loro e non alle famiglie italiane. Estendiamo questo limite temporale da due a dieci anni: chi risiede qui da dieci anni lo riceve, non prima". Insomma, la Lega vorrebbe che il periodo temporale previsto per la ricezione dell'assegno, rispetto alla permanenza nel Belpaese, fosse più lungo. Il che ovviamente riguarderebbe anche i migranti.
Il vice capogruppo torna ancora sulla questione della tassazione: "Non sarebbe giusto - dice Cecchetti - che chi non ha ancora versato tasse nel nostro Paese, o ha versato pochissimo, ottenga subito un sostegno a spese di tutti i contribuenti". E ancora: "Non solo, utilizzando la dichiarazione ISEE sappiamo bene che ad essere penalizzate saranno le famiglie italiane, soprattutto quelle che hanno acquistato una casa sobbarcandosi enormi sacrifici con un mutuo trentennale, avvantaggiando come sempre le famiglie extracomunitarie che dichiarano di non possedere immobili quando poi magari possiedono proprietà immobiliari in Marocco, Egitto o Pakistan e non è possibile verificarlo". Il discrimine, quindi, riguarderebbe pure le proprietà dichiarate.
Il leghista, ricordando quanto accaduto a Milano attorno alla Bebè Card, consiglia di "aiutare gli italiani" e chiude il ragionamento basandosi su un esempio concreto: "Peccato che a Milano, in quell’anno, nel 2017, secondo i dati della Camera di Commercio di Milano - incalza, ricordando la misura assistenzialista voluta da Beppe Sala - , Monza e Lodi, gli immigrati presenti a vario titolo avevano inviato rimesse ai loro Paesi di origine per oltre 580 milioni (la metà delle rimesse inviate dall’intera Lombardia), per cui la Bebè
Card era finita a famiglie che poi inviavano soldi nei loro Paesi di provenienza finanziando il Pil e il Welfare dell’Egitto, Marocco ecc... . Per cui - chiosa - vediamo di non ripetere gli stessi errori"
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