Roma - Dopo tanto strepitare a vuoto, è intorno alle 14 di ieri pomeriggio che si materializza per davvero il patto a quattro (Pd-Fi-M5S-Lega) sulla nuova legge elettorale. Quando la commissione Affari costituzionali della Camera approva il subemendamento del pidino Alan Ferrari che diminuisce il numero dei collegi uninominali con riparto proporzionale da 303 a 225. Così viene superato, come emerso nei giorni scorsi, il problema maggiore del sistema tedesco in versione italiana: quello dei collegi soprannumerari (un vincitore di un collegio sarebbe potuto risultare non eletto). Non potendo variare, come per il Bundestag tedesco, il numero dei seggi, i tecnici dei quattro partiti sono ricorsi a un escamotage che comporta, necessariamente, l'aumento della quota proporzionale (sarà circa del 62 per cento): il numero delle circoscrizioni passa perciò da 27 a 28, aggiungendone una quarta in Lombardia. Il vincitore nel collegio uninominale avrà la precedenza rispetto ai candidati del listino proporzionale, a cominciare dal capolista (prima «bloccato», ora non più). Viene anche eliminata la possibilità di potersi candidare in più di una circoscrizione, in modo da rafforzare la capacità di scelta degli elettori, principio più volte rimarcato dalla Consulta. Certo, non sarà proprio come in Germania, dove la possibilità di voto disgiunto viene apprezzata e utilizzata da quasi il 20% dei votanti, ma per ora il patto regge, e i protagonisti delle trattative si dichiarano soddisfatti. «Se salta non è un problema», diceva ieri anche il grillino Toninelli, sicuro di un sistema che da ieri sembra sempre meno lontano dal modello originale.
«Un lavoro serio che stanno facendo assieme quattro forze politiche che non si amano», raccontava il capogruppo del Pd, Ettore Rosato. Il voto, spiegava, «sarà semplicissimo, facilissimo, senza complicazioni: una scheda per il Senato, una per la Camera. Non voto disgiunto ma unico: ogni elettore farà un unico segno sulla scheda, dove c'è scritto il nome del candidato al collegio uninominale, il simbolo del partito, il listino della circoscrizione che sarà da due a sei persone a seconda della dimensione della circoscrizione stessa». Più semplice anche la raccolta delle firme per la presentazione delle liste: meno firme e procedura meno complessa. E gioiva persino il capogruppo forzista Renato Brunetta, specie dopo l'approvazione di due emendamenti anti-broglio. Attonite le minoranze, e incerte se dar vita a uno sterile ostruzionismo. Se non si potrà garantire la conclusione entro le 17 di oggi delle votazioni, annunciava il Pd, «ritireremo gli emendamenti per ripresentarli direttamente in aula». Il calendario dovrebbe quindi essere rispettato, con inizio dei lavori domani e delle votazioni già mercoledì. Se la minoranza dem, con Cuperlo e l'orlandiano Giorgis, gioiva delle modifiche («esiste la forza della ragione»), ancora scontenti restano Fdi (La Russa ieri parlava allemanno), la Sinistra di Scotto e gli scissionisti del Mdp. Al punto che il clima di cordialità domenicale a un certo punto veniva interrotto dalle urla di Arcangelo Sannicandro, che dava dei «ladroni di democrazia» ai quattro partiti del Patto.
Il relatore Fiano s'offendeva e pretendeva le scuse, la discussione si prolungava in un crescendo di concitazione. Ma alla fine Sannicandro, tornato in sé, abbozzava: «Va bene, allora chiedo scusa ai quattro dispensatori di democrazia».
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