Il whistleblowing è legge. Ieri la Camera, con 357 sì, 46 no e 15 astenuti, ha dato il via libera alla legge che tutela le delazioni nelle aziende pubbliche e private. La nuova normativa tutela, in chiave anticorruzione, il dipendente che segnala illeciti interni alla propria azienda. Tra le novità, appunto, l'inclusione della regola anche per gli enti pubblici economici e gli enti di diritto privato sotto controllo pubblico, oltre a obblighi - tra cui la tutela da ritorsioni - anche per le imprese private. I whistleblowers che segnalano gli illeciti all'Anac o alla magistratura, oltre a veder protetta la propria identità (fino alle indagini preliminari nel caso in cui la denuncia sfoci in un processo penale) non potranno essere sanzionati, trasferiti o licenziati. E se accade possono chiedere il reintegro perché si prevede la nullità di ogni atto ritorsivo. L'onere della prova è invertito: spetta all'ente dimostrare l'estraneità della misura rispetto alla segnalazione. Prevista anche una clausola anti-calunnie. Se il segnalante si ritrova condannato per calunnia o diffamazione perde tutte le tutele previste.
Esultano il Pd e i presidenti di Senato e Camera, Pietro Grasso e Laura Boldrini, resta sulle barricate Forza Italia che ha votato contro perché, riassume il deputato azzurro Francesco Paolo Sisto, considera la legge una «barbarie giuridica che legittima e incoraggia, negli ambienti di lavoro, un clima di costante e reciproco sospetto alimentato da accuse segrete e segretate. È una norma figlia del punto di incontro tra la cultura giustizialista del M5s e quella demagogico-censoria del Pd, a cui Forza Italia sarà sempre fermamente contraria».
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