Leggi all'altezza per regolare questa giungla

Internet non è solo uno strumento, ma un vero e proprio ambiente. Servono norme chiare per fissare i limiti oltre cui non adare

Leggi all'altezza per regolare questa giungla

Ora basta. Internet non è solo uno strumento, ma un vero e proprio ambiente. Una parte della società e della nostra vita. Soltanto Facebook è un continente da un miliardo e mezzo di inquilini, più dell'India e della Cina, per intenderci. Ecco, è pensabile che un «Paese» di queste dimensioni non abbia un governo o una polizia che gestisce l'ordine pubblico e la sicurezza individuale? No, è impossibile. Così come non sarebbe pensabile organizzare un concerto di massa, ma anche una sagra di paese, senza un servizio d'ordine e dei presìdi sanitari. Invece, nell'oceano sterminato del web, vige la legge del far west, quella del più forte. E il caso di Tiziana Cantone è solo l'ultima dimostrazione di come in rete, coperti da un apparente anonimato, possano compiersi persecuzioni criminali.

La logica del branco e delle masse inferocite - in una spirale di emulazione e di omertà - si moltiplica nel cono d'ombra della rete. Facebook, Twitter e tutte le reti sociali sono sì aziende private, ma sono anche dei veri e propri luoghi che si accavallano e sovrappongono agli spazi e alle leggi dello Stato. Spesso scavalcandole, divenendo zone franche dove tutto è concesso e nessuno perseguito. La nostra sicurezza non può rimanere esclusivamente nella mani di Zuckerberg o dei papaveri di Google. Perché non è il loro mestiere. Il loro mestiere è - legittimamente - fare soldi. È lo Stato che ha il dovere di intervenire, se non vuole vedersi sostituito dai social network. Non con stupide tasse che mortificano l'economia senza aumentare di un millimetro il livello di giustizia. Ma con azioni legali tempestive e mirate. Se il web è un far west, allora qualcuno deve fare lo sceriffo. E deve farlo velocemente. Con i tempi della modernità, che sono quelli della rete e non quelli dettati dalle polverose lancette della burocrazia. La velocità con la quale si dirama un'informazione sui social si misura in secondi, non con gli anni dei processi e con un diritto all'oblio che arriva sempre troppo tardi, quando ormai il danno è fatto e la vita distrutta, sia virtuale che reale. Serve un Daspo per tutti quelli che fanno utilizzo criminale della rete: fuori. Serve uno strumento di segnalazione di abusi e reati realmente efficace. Qualunque cosa purché sia concreta e rapida. Dietro gli smartphone e i pc ci sono le persone, con tanto di nome e cognome e di profilo pubblico. Tutte assolutamente rintracciabili. Ed è un paradosso che su Facebook vengano censurati i giudizi politicamente scorretti - o, come è successo pochi giorni fa, la storica immagine della bambina che corre nuda durante la guerra in Vietnam - e poi rimangano on line per mesi pagine come quelle che insultavano la Cantone.

Gli esperti di informatica, in questi casi, ti rispondono che è solo una questione di algoritmi, di numeri, di macchine. Il problema è proprio l'algoritmo: perché dietro molte delle scelte che gestiscono la rete spesso non c'è un'intelligenza virtuale, ma una stupidità molto reale.

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