È alla guida del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, e per quattro anni ha presieduto la disciplinare del Csm, quando il «sistema» di Luca Palamara era in piena azione. Ma per Antonio Leone, vicepresidente della Camera tra 2008 e 2013, la radiazione di Palamara non ha cambiato nulla. «L'unico cambiamento sospira è nei rapporti di forza fra correnti nel Csm. Grazie alle dimissioni spintanee dei togati presenti con lui all'hotel Champagne, i gruppi che persero le elezioni nel 2018 hanno ora la maggioranza. La corrente di Davigo, ad esempio, ha raddoppiato i propri componenti nel Plenum».
In che modo si potrebbe ridurre il potere delle correnti al Csm?
«Con un diverso approccio - culturale e non ideologico - degli stessi magistrati nei confronti della necessità di esistenza delle correnti. Poi va cambiata la modalità di elezione, tipo un sorteggio temperato, dei componenti. Il sistema proposto da Bonafede, in discussione alla Camera, darà ancora più potere alle correnti e rischia di dar vita ad un Csm monocolore».
Oltre al Csm quali sono le riforme più urgenti per il sistema giustizia?
«Separazione delle carriere e obbligatorietà dell'azione penale. Quest'ultima, di fatto, è già una finzione. Possibile che, dopo quello che ha scritto Palamara nel suo libro, nessuna Procura abbia deciso di aprire un'indagine?»
Recentemente due magistrati sono stati «processati» dal Csm ma di fatto «premiati»: uno col trasferimento per incompatibilità a una sede più prestigiosa, l'altro col superamento della valutazione di professionalità. Cosa pensa?
«Le sanzioni in dotazione al Csm sono estremamente inefficaci e aggirabili. Nel caso di Marco Mescolini, trasferito da Reggio Emilia a Firenze, ritengo che la prima Commissione non abbia ben valutato l'esistenza di un'incompatibilità ambientale legata alla percezione di indagini a senso unico, comminando una pena inutile e inefficace: accusato da inquirente in una città rossa di avere a cuore le sorti del Pd, è stato giustamente mandato a fare l'inquirente in un'altra città rossa. Se si ritiene che un magistrato per qualsiasi motivo non sappia fare bene il pm, lo si manda a fare il giudicante, se non sa fare neanche il giudicante lo si manda a casa. L'ambiente c'entra poco o niente, esiste già l'istituto dell'incompatibilità funzionale che però il Csm non applica mai. Quanto al giudice Cesare Cipolletta che quando, come dice il Csm, non faceva il buon giudice, tagliava le gomme all'auto della collega, voglio rilevare e l'ho fatto quand'ero al Csm l'inefficacia delle sanzioni disciplinari che non incidono sulla progressione in carriera del magistrato condannato. La valutazione di professionalità trasforma una sentenza di colpevolezza in una di assoluzione. È il vero trionfo dell'indipendenza della magistratura, dal buon senso e, a volte, dalla giustizia stessa».
A proposito delle valutazioni di professionalità, non pensa che le percentuali con cui vengono superate dai magistrati - non così lontane dal 100% - siano poco attinenti alla reale produttività della categoria? E come spiega quelle percentuali?
«Che nelle valutazioni ci fossero anomalie lo disse anche l'allora presidente della Cassazione Giovanni Canzio, evidenziando deficit in materia di circolari del Csm. Le valutazioni vengono fatte nei Consigli giudiziari dal vicino di stanza o di piano.
Sono valutazioni casalinghe e tali si vuole che rimangano, vedi l'esclusione degli avvocati dalle procedure, legate, in buona parte, a logiche di appartenenza correntizia. Palamara dovrebbe scrivere un libro sul sistema delle valutazioni».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.