L'eredità di Marco Biagi antidoto al grillismo

L'eredità di Marco Biagi antidoto al grillismo

Il 19 marzo del 2002 Marco Biagi fu assassinato dalle Br: fu l'ultimo tragico sussulto del terrorismo brigatista e un ritorno a quegli anni di piombo che sembravano ormai storia e non cronaca del Paese. Per il terrorismo rosso i giuslavoristi sono sempre stati i primi nemici da eliminare in nome di una declinazione estremista e distorta degli interessi della classe operaia. La riforma del mercato del lavoro è stata per troppo tempo un tabù per la sinistra, o meglio, per quella parte che considerava le riforme come il male assoluto. Biagi fu la vittima esemplare di un clima avvelenato, come se il suo Libro bianco fosse un libro nero che affossava i diritti dei lavoratori: una menzogna ideologica propalata da un blocco politico e sindacale sordo e cieco di fronte alle nuove dinamiche del lavoro, che avrebbe ispirato la controriforma Prodi del 2007 e poi negativamente la legge Fornero.

La mistificazione più ignobile è stata descrivere le idee di Biagi come la precarizzazione finale del mercato del lavoro, mentre la trasformazione in legge del Libro bianco, attuata dal governo Berlusconi, puntò invece a valorizzare tutta una serie di forme contrattuali inclusive e non precarizzanti, e lo fece negli anni in cui solo un italiano su due era inserito nel circuito del lavoro regolare. Biagi considerava il mercato del lavoro italiano come il peggiore dal punto di vista della sua capacità di inclusione e la sua legge si basava su un principio fondamentale: un lavoro regolare, anche se non a tempo indeterminato, è meglio di nessun lavoro, dell'inattività e del lavoro nero. Ebbene: grazie alle politiche ispirate a quella dottrina, il mercato del lavoro italiano registrò una dinamica di crescita ininterrotta per i primi otto anni del Duemila, nonostante la salute non certo buona dell'economia e un Welfare ormai obsoleto, che usava le risorse dei più deboli a favore dei più garantiti, difeso con tutti i mezzi perché ritenuto l'ultimo baluardo identitario della sinistra ideologica.

A 17 anni dalla morte, Marco Biagi resta quindi il discrimine tra il riformismo di chi sa guardare al futuro e l'assistenzialismo che oggi trova la sua nuova frontiera nel Reddito di cittadinanza. Di sicuro, senza il suo Libro bianco oggi saremmo molto più indietro nel percorso di modernizzazione del lavoro. La sua grande intuizione fu quella, insomma, di garantire un equilibrio tra una maggiore flessibilità di ogni singolo rapporto di lavoro, ma anche una maggiore protezione del lavoratore. Quelle idee rappresentano dunque oggi, ai tempi dell'assistenzialismo di Stato grillino, un orizzonte ineludibile per un mercato del lavoro più aperto a giovani e donne, agli esclusi di sempre. Nei primi quattro anni di applicazione, la legge favorì la creazione di tre milioni di posti di lavoro, un tasso di disoccupazione giovanile al 20% (la metà di oggi!).

L'eredità politica e culturale di Marco Biagi resta insomma un patrimonio prezioso da valorizzare: per rilanciare il lavoro serve ancora la sua illuminata vocazione riformista, non la politica della decrescita, di disoccupati di Stato e navigator.

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