La Nadef «racconta dei numeri seri in previsione di una legge di bilancio estremamente seria», ha detto la premier Giorgia Meloni. La nota di aggiornamento al Def, cioè la cornice economica entro cui verrà definita la legge di bilancio, la seconda di questo governo, fa i conti con la congiuntura, con il peso del superbonus e con la linea prudenziale già spiegata dal ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. Il tutto con all'orizzonte l'imminente riforma del Patto di Stabilità che riporterà sotto i riflettori della vigilanza della Commissione Ue i parametri su deficit e debito, che gravano sui Paesi più esposti, tra cui l'Italia. Un sentiero stretto per cui il governo imbocca un'impostazione di bilancio «all'insegna della serietà e del buon senso», per confermare «gli aiuti alle famiglie con redditi medio bassi» e «il taglio del cuneo».
La Nadef traccia la curva del deficit, che si alza nel 2023 al 5,3 per scendere sotto il 3% nel 2026. Sale al 5,3% nel 2023 per la contabilizzazione del Superbonus, come chiesto da Eurostat. Per il 2024 viene portato il disavanzo al 4,3% dal 3,6% tendenziale. È qui che si gioca lo spazio della finanziaria. Con la variazione si rendono disponibili 0,7 punti, circa 14 miliardi di deficit, per dare ossigeno alla manovra. E dovrebbe «permetterci di confermare interventi indispensabili a beneficio dei redditi medio bassi, in particolare il taglio cuneo e misure premiali per la natalità oltre a stanziamenti significativi per rinnovo del contratto del pubblico impiego», dice Giorgetti. Nel 2025 il deficit è al 3,6% (3,4% tendenziale), per poi scendere nel 2026 al 2,9% (n el quadro tendenziale è al 3,1%). Sotto la fatidica soglia del 3% del deficit-pil prevista dal vecchio Patto di Stabilità. Anche la discesa del debito rallenta con un ritmo di conseguenza inferiore, si passa dal 140,2% del Pil nel 2023 al 140,1% nel 2024, 139,9% nel 2025 e 139,6% nel 2026. Il saldo primario viene stimato in positivo nel 2025 allo 0,7%, dopo una progressione di -1,5% nel 2023 e -0,2% nel 2024.
«Riteniamo di aver fatto le cose giuste» e di essere nella cornice delle regole europee, ha aggiunto Giorgetti. «Non rispettiamo il 3%» del deficit «ma la situazione complessiva non induce a ritenere di fare politiche procicliche che alimentano la recessione e quindi l'asticella si sposta a un livello di ragionevolezza». Il vicepremier Antonio Tajani precisa che quella di alzare il deficit «è una scelta completamente giustificata. È una situazione particolare, c'è un'inflazione molto alta provocata dalla guerra in Ucraina e anche dall'aumento del costo delle materie prime, quindi e ovvio che le cose non vanno come dovrebbero andare. In più la Banca centrale europea aumenta in maniera sbagliata, secondo me, i tassi d'interesse, quindi è ovvio che bisogna cambiare le cose. Andiamo avanti, ma io credo che Bruxelles alla fine dirà sì, perché è completamente giustificata la scelta che ha fatto il Governo». La nota è stata già trasmessa alla Commissione Ue, che attende entro il 15 ottobre anche il documento programmatico di bilancio e risponderà entro il 21.
«Credo - afferma il titolare del Mef - che alla Commissione ci siano delle persone che hanno fatto e fanno politica, e quindi diversamente dai banchieri centrali che fanno il loro mestiere e decidono in autonomia da altri tipi di considerazione, credo che comprenderanno la situazione, come la comprendono tutti i miei colleghi ministri delle finanze europei che gestiscono una situazione di rallentamento dell'economia e in qualche caso di recessione». Giorgetti esclude uno «scambio tra il Mes rispetto agli scostamenti»; «Non l'ho mai posta, né ne ho mai sentito parlare», il Mes «è un binario parallelo che risponde a logiche di altro tipo».
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