Le femministe hanno deciso che Eugenia Roccella non può parlare. Dal Salone del libro di Torino agli Stati Generali della Natalità sono tre le occasioni in cui la violenza verbale delle manifestanti ha impedito al ministro della Famiglia di esprimere liberamente il proprio pensiero.
Il 20 maggio dell'anno scorso, Roccella è stata contestata mentre si stava apprestando a presentare al Salone di Torino il suo libro dal titolo Una famiglia radicale, un romanzo in cui racconta la sua esperienza di vita, la sua formazione laica e il cambiamento delle sue idee. In quell'occasione le femministe di «Extinction Rebellion» e «Non una di meno» hanno usato più o meno gli stessi slogan che sono stati gridati anche ieri mattina all'auditorium della Conciliazione: «Ma quale Stato? Ma quale Dio? Sul mio corpo decido io». I contestatori, che issavano cartelli a sostegno «dell'aborto libero» e dell'uso della «RU486 in ogni ospedale» hanno alternato fischi e urla indirizzati verso il ministro. Roccella, dopo aver invano tentato di dialogare con una ragazza che si è limitata a leggere una sorta di monologo femminista, ha lasciato il palco. Una seconda contestazione è avvenuta pochi mesi dopo, in luglio, in occasione della kermesse culturale «Libro possibile» di Polignano a mare. Una sorta di remake di quanto avvenuto a Torino dal momento che, dopo la protesta, ci sono stati gli immancabili e inevitabili messaggi di solidarietà da parte degli altri membri del governo e del presidente della Repubblica. La contestazione era stata preceduta, proprio come per gli Stati Generali di ieri, da una mobilitazione social delle femministe con una lunga lettera indirizzata al ministro e firmata «Un gruppo di femminist*». L'asterisco, stavolta, invece, è stato sostituito dalla schwa usata nel lungo post pubblicato su Instagram dai collettivi femministi che hanno indetto la protesta di ieri. «Il ministro Valditara convoca il convegno degli Stati Generali della natalità invitando alla partecipazione tutt3 l3 studenti della regione», è la premessa (sbagliata) del lungo sproloquio femminista che una giovane femminista ha potuto leggere ieri sul palco dell'auditorium della Conciliazione. Il convegno è stato, infatti, organizzato dalla Fondazione per la Natalità di Gigi de Palo, ma questo poco importa ai manifestanti il cui unico scopo era impedire per l'ennesima volta al ministro della Famiglia di poter parlare. Ma Eugenia Roccella non è l'unico bersaglio.
La violenza verbale delle femministe (o meglio transfemministe) si riversa sistematicamente contro i cattolici. Mario Adinolfi, leader del Popolo della Famiglia, è stato contestato più volte nel recente passato mentre cercava di presentare il suo libro dal carattere profondamente antiabortista e dal titolo provocatorio Voglio la mamma. Infine, il corteo, organizzato in autunno da «Non una di meno» per la giornata internazionale contro la violenza di genere e centrato quest'anno sul femminicidio di Giulia Cecchettin, ha preso di mira la sede di Pro Vita & Famiglia con lanci di bottiglie e fumogeni.
Anche ieri non sono mancati degli slogan contro la onlus di ispirazione cattolica e contro la decisione del governo Meloni di dare ai pro-life libero accesso ai consultori. La solita libertà professata solo a senso unico
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