Al via i programmi elettorali a poco più di un mese dalle elezioni. Da una parte lo show del leader di Azione, Carlo Calenda, che tra contraddizioni e cambi di bandiera improvvisi ci regala colpi di teatro amatoriale; dall’altra il centrodestra, unito fin dall’inizio, nonostante i soliti attacchi strumentali che ormai fanno da sfondo agli ultimi anni della politica italiana. E poi quella che dovrebbe essere la nuova sinistra, stracolma di anime diverse ma accomunata dalla stessa paura di ritrovarsi faccia a faccia con cosa fare da grande.
I punti del “nuovo” programma elettorale, elencati e sbandierati dal segretario dem Enrico Letta, altro non si traducono che nella stessa lista della spesa polverosa e lontana dai reali problemi che deve fronteggiare l’Italia oggi. Prerogative assolute per i dem sono l’approvazione dello ius scholae, l’approvazione del fine vita e l’incremento sostanzioso di alloggi popolare. Quei cavalli di battaglia che possono convincere solo qualche affezionato dei parlamentari, ormai.
“Introdurremo lo Ius Scholae, per superare le ingiustificate discriminazioni che ancora oggi vediamo nelle classi italiane – afferma il dem – A settembre, bambine e bambini torneranno nelle scuole, studieranno insieme, mangeranno insieme, giocheranno insieme. È il momento di introdurre una norma che non è solo civiltà: è prima di tutto buonsenso”. Quel buonsenso usato da Letta all’occorrenza e che si trasforma per l’occasione in maleducazione, come dimostrato dalle dolci parole del segretario dedicate all’avversaria leader di Fdi: “E’ evidente che la Meloni sta cercando di cambiare immagine, di riposizionarsi e di incipriarsi”. Dichiarazioni che, a parti invertite, avrebbero fatto saltare per aria le orde di femministe ma che, in questo caso, sono rimaste zitte e buone sui loro divani.
E anche il tormentato tema del fine vita non si può dire che sia una novità. “Quanto ancora a lungo vogliamo mortificare le aspettative di una società che sui diritti civili dimostra spesso di essere più matura della propria classe dirigente?”, affermava Letta lo scorso febbraio. Una domanda che potrebbe porre a sé stesso adesso e ai suoi compagni di viaggio verso le poltrone, considerata un’opinione pubblica insoddisfatta e lontana ormai dalle promesse democratiche.
Se i temi sociali – almeno sulla carta – sono le fondamenta di quel partito che ancora si fa chiamare “democratico”, il leader non manca di marcare e indirizzare, realmente, la campagna elettorale nella “lotta noi contro di voi”.
Sulla questione economica, vera grande difficoltà che gli italiani stanno affrontando nella triste prospettiva di una crisi senza precedenti, la prospettiva non è migliore. Il dem altro non dice che: “La destra ci ha lasciato sull’orlo della bancarotta”, resuscitando il lontano 2011 e l’allora governo Berlusconi. “Abbiamo avuto bisogno di anni e anni di sacrifici per superare quella drammatica situazione. I cittadini italiani se li ricordano molto bene. Come sempre, la destra italiane sta interpretando il ruolo del capro espiatorio, sta giocando la carta del vittimismo”. Dichiarazioni completamente estemporanee, quelle di Letta, che al posto di idee e soluzioni progressiste – di cui i dem si fanno paladini – preferisce screditare un passato che niente ha a che vedere con l’Italia di oggi.
Gli italiani a cui fa riferimento il capo dem, quelli con buona memoria, sicuramente non dimenticheranno nemmeno la battaglia fuffa sulla scuola targata Pd. Battaglia che, anche questa volta, nonostante i tagli del passato alle istituzioni scolastiche, il partito mette al centro della loro politica.
“La riforma prioritaria, una cura per l’Italia, oggi è la scuola. La scuola è dove formiamo gli italiani di domani”, dichiara in pieno stile sessantottino. Parole che vanno a cozzare inevitabilmente sulla situazione oltremodo precaria delle scuole. “Lo so, il Pd e il centrosinistra hanno fatto diversi sbagli, compresa una riforma sciatta e non condivisa con la comunità scolastica”, prosegue Letta facendo mea culpa sulla distrazione degli ultimi anni sul tema.
Stesse idee, stesse contraddizioni: il programma del Pd non è all’altezza della rivoluzione che vuole far intendere e gli italiani, stando ai sondaggi, se ne sono accorti. “Tutto intorno cambia e si trasforma. La modernità fatica a entrare nell’agenda del legislatore e nell’inerzia i vuoti normativi si accumulano”, sosteneva Enrico Letta qualche mese fa.
La domanda, quindi, viene spontanea: ma quando il partito del futuro per eccellenza (a detta degli esponenti e dei pochi fedeli rimasti) riuscirà a guardare avanti e smettere di tirare fuori dal cilindro proposte trite e ritrite e dinamiche ormai scontate?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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