Mancano pochi giorni alla riunione della Direzione, che dovrebbe decidere come uscire dalla palude post-batosta elettorale. Ma nel Pd prosegue l'impasse.
Da una parte la candidatura, già in campo, del governatore emiliano Stefano Bonaccini, benedetta dagli ex renziani di Base riformista che - statuto alla mano - chiedono un nuovo segretario entro marzo. Dall'altra i capicorrente di maggioranza (Franceschini, Orlando, Provenzano, Boccia etc) che alzano le barricate contro di lui e quindi - non avendo un candidato alternativo a disposizione - puntano a rallentare la macchina congressuale per logorarlo e convergere su un nome scelto da loro (si è già proposta Paola De Micheli, si corteggia il sindaco di Firenze Nardella, si tiene di riserva l'esterna Elly Schlein), e quindi più controllabile. In mezzo, il segretario Enrico Letta, che vorrebbe accelerare il congresso (anche per non ritrovarsi tra le mani la patata bollente delle prossime elezioni regionali in Lazio e Lombardia) ma viene bloccato dai capibastone. E c'è persino chi ipotizza un surreale ticket made in Emilia tra Bonaccini e la sua vice Schlein: «Sarebbe perfetto», dice il parlamentare Andrea De Maria.
Così, c'è il rischio che giovedì la riunione di Direzione si trasformi in uno sfogatoio da cui sarà impossibile uscire con una decisione chiara, rinviando tutto al braccio di ferro interno tra correnti. Il tutto mentre Terzo polo da una parte e M5s dall'altra fanno a gara a bastonare il Pd, strattonandolo da una parte e dall'altra.
Renzi tifa per una deriva Pd verso la sinistra para-grillina, e infatti evoca l'ipotesi di una leadership Schlein che agevolerebbe l'implosione dem. Mentre un segretario «riformista» come Bonaccini non farebbe gioco al disegno renzian-calendiano di assorbire - in vista delle Europee del '24 - una parte dei voti dem. E infatti i «bonacciniani» li accusano di ingerenza, sollecitando un congresso «in tempi certi» perché «siamo sotto attacco, soprattutto da parte del Terzo polo», dice Alessandro Alfieri.
Intanto Calenda e Renzi gettano scompiglio nelle file dem anche sul fronte delle alleanze per le regionali. In Lombardia i dem accarezzavano l'ipotesi di candidare Carlo Cottarelli con l'appoggio del leader di Azione Carlo Calenda, ma temono che Renzi faccia saltare il piano: «Lui andrebbe più volentieri su una candidatura Moratti», spiegano. Ma anche nel Lazio, dove si voterà entro febbraio dopo l'elezione di Zingaretti (che ora punta a fare il capogruppo) le cose non si mettono bene.
L'aspirante candidato franceschiniano Leodori era convinto di poter contare sull'appoggio M5s, entrato in giunta con Zingaretti: «Non esiste che ci alleiamo con chi vuol fare il termovalorizzatore», fa dire Conte. E il suo vice Gubitosa è secco: «Noi andiamo per la nostra strada, niente alleanze».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.