A furia di stracciarsi le vesti, Enrico Letta rischia di presentarsi al pubblico come mamma lo ha fatto. Non si dà pace. Strepita come le oche del Campidoglio. Grida «Al lupo, al lupo!». E perché mai? È presto detto. Il segretario pro tempore del Pd, intervistato dal Corriere della Sera, afferma: «È caduta l'ennesima maschera della destra: vogliono stravolgere la Carta, anche da soli. E non ne fanno mistero. Glielo impediremo». E aggiunge: «Non c'è un destino già scritto, il Paese non si consegnerà a una destra estrema che vuole stravolgere la Costituzione con il presidenzialismo». Questi memorabili detti del numero uno del Pd fanno venire alla mente la famosa battuta del vecchio Ottone von Bismarck: «Non si raccontano mai tante bugie quante se ne dicono prima delle elezioni, durante una guerra e dopo una partita di caccia». Difatti per amore di polemica Letta stravolge completamente le parole di Giorgia Meloni, appoggiata da tutto il centrodestra. Per cominciare, il centrodestra è disponibile al dialogo al punto tale da non escludere né un'Assemblea costituente né una quarta Bicamerale per le riforme istituzionali. E poi il presidente di Fratelli d'Italia ha pronunciato parole che non si prestano a equivoci. Ha detto: «Faremo una riforma in senso presidenziale e saremo felici se la sinistra vorrà darci una mano». Ma la sinistra si è messa già di traverso per partito preso. E allora la Meloni ha precisato che se ci saranno «i numeri, noi la faremo lo stesso». Dopo tutto, il centrodestra vorrebbe modificare la forma di governo in senso semipresidenziale. E ai tempi della Bicamerale presieduta da Massimo D'Alema nessuno menò scandalo per il fatto che la commissione approvò l'elezione popolare diretta del capo dello Stato. Neppure il suo presidente. Posso testimoniarlo con cognizione di causa perché facevo parte del consesso. Appena dopo il voto D'Alema, pallido come un cencio a dispetto dei suoi tanti globuli rossi, scese dal tronetto dal quale dirigeva i lavori e con un filo di voce esalò: «Adesso ci vuole anche il doppio turno alla francese». Quel doppio turno, escluso dalla legge elettorale propiziata da Sergio Mattarella, che di solito premia la sinistra. Il bello è che Letta ha da ridire sulla forma di governo presidenziale quando la sinistra nel 2001 ha fortissimamente voluto addirittura una riforma della forma di Stato, rovesciando come un calzino il Titolo V della Parte seconda delle Costituzione, relativa ai rapporti tra Stato e regioni. Una riforma, volta a ingraziarsi inutilmente gli elettori della Lega, talmente scalcagnata da dare una gran mole di lavoro alla Corte costituzionale, che ha cercato di mettere un po' d'ordine in tanto bailamme. Allora il centrosinistra venne meno all'accordo con il centrodestra, che prevedeva maggiori autonomie regionali compensate dal presidenzialismo.
Piantando in asso il centrodestra, andò avanti solo soletto. Letta è senza pudore. Adesso ci viene a dire in sostanza che le riforme costituzionali sono buone solo se le fanno lui e i suoi cari. Magari in solitudine. Come accadde nel 2001.
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