«Lettura miope di un vasto progetto Dimenticati l'indotto e l'ambiente»

L'esperto di lavori pubblici: «Analisi carente, dà troppo peso alla perdita dei pedaggi dei tir e poco ad altri fattori rilevanti»

Riccardo Pelliccetti

«È concettualmente una follia creare un impianto di costi/benefici di questo tipo». L'avvocato Enrico Michetti, professore di diritto ed esperto di lavori pubblici, non usa mezzi termini. Secondo lui, non c'è alcuna valida ragione per non portare a termine la Torino-Lione. «Un'opera come la Tav, con una durata di 150 anni, va vista in un'ottica ultradecennale. Questo è un asse mediano che collegherà Lisbona a Kiev, toccando sette Paesi e passando per la pianura Padana, e che incrocerà in Italia altri due grandi assi su ferro, il corridoio Genova-Rotterdam e quello Palermo-Berlino. Tutto il grande traffico merci passerà su rotaia».

Che cosa rischia l'Italia rinunciandovi?

«Il grande rischio è che passino per la Svizzera, tagliando fuori la pianura Padana che diventerebbe invece l'area più importante del traffico merci europeo, il centro stesso dell'Europa. E questo forse non è stato compreso».

Parliamo delle cifre.

«Per esempio, fare valutazioni sui numeri, dove risulta un mancato introito delle accise sui carburanti e dei pedaggi di quasi 2 miliardi, non fa comprendere il disegno generale del piano europeo dei trasporti, in cui quel tratto diventa vitale. Adesso il 92% delle merci passa attraverso il tunnel stradale. Capisco che le accise e i pedaggi sono importanti, ma che impatto ambientale hanno e quanto minano la sicurezza stradale tutti quei Tir? Questo ridurrebbe anche il traffico sul traforo del Monte Bianco, già teatro di una tragedia. Non dimentichiamo, poi, che tutta l'Europa, Svizzera compresa, sta andando verso il traffico su ferro».

Quindi la relazione non la convince.

«La trovo carente sotto tantissimi aspetti soprattutto, come dicevo, sulla sicurezza. È importante ricordare che nel 2020 il traforo del Frejus non potrà più essere operativo se non saranno eseguiti i lavori di adeguamento, dalla sicurezza alla ventilazione. Lavori che in termini quantitativi saranno pari ai costi che dovrà sostenere l'Italia per avere un'opera nuova come la Tav».

Secondo Confindustria la Tav vale 50mila posti di lavoro.

«E la relazione non ne tiene conto. Ma non solo. Quando si fanno le grandi opere il personale si specializza e ogni opera, che presenta le sue criticità, dà luogo a lavori particolari, a brevetti. Basti ricordare che dal Frejus nacquero una trentina di brevetti, dalla prima forma di talpa al martello pneumatico. Prendono forma le tecnologie innovative, che hanno in seguito grandi ricadute economiche. Se poi consideriamo che dei 12 miliardi, non di 20 com'era stato detto, il 40% del costo sarà sostenuto dall'Europa, espandibile al 50%. Dei circa 6-6,5 miliardi residui, all'Italia spetteranno circa 3,5 miliardi. Stiamo parlando quindi di circa altri 2,5 miliardi per un'opera che sarà in grado di rilanciare il Paese. È veramente una miopia. Non vedo una sola ragione per non farla».

Quindi, in generale le grandi opere sono necessarie?

«Creano progresso, sviluppo, innovazione tecnologica, progresso scientifico e favoriscono l'integrazione dei popoli e delle economie. Ma di tutto questo non c'è traccia nella relazione sulla Tav».

Gli investimenti pubblici sono in continuo calo nell'ultimo decennio. Siamo passati dai 59 miliardi del 2009 ai 34 del 2017. Questo incide sulla crescita economica?

«È determinante. L'investimento è strettamente collegato con la produttività e quando si investe si crea un moltiplicatore che fa crescere il Pil. Le grandi opere sono l'investimento che più di ogni altro permette al Paese di fare un grande salto. E poi generano intorno un adeguamento repentino a quel tipo di innovazione».

Anche il Ponte sullo Stretto?

«È la prima grande opera che bisognerebbe fare in Italia.

Reggio Calabria e Messina sono distanti circa 20 km, ma i tempi di collegamento sono uguali a quelli fra Firenze e Roma. Quel tratto si percorre a una media di 3 km orari, quindi bisogna intervenire dove si viaggia così lentamente. Poi fare quell'opera permetterebbe di realizzare l'alta velocità Palermo-Berlino».

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