Il senatore ex grillino, Emanuele Dessì, è da oggi a tutti gli effetti un parlamentare del Partito Comunista di Marco Rizzo. “Con uno slogan non si cancellano 150 anni di storia”, chiarisce subito non appena risponde a una nostra telefonata.
Entrato a Palazzo Madama sotto le insegne di M5S che sosteneva di non essere né di destra né di sinistra, ora è tornato “a casa”. “Politicamente sono sempre stato d’ispirazione socialista e metodologicamente rivoluzionario. Anche per questo motivo, dopo aver militato fino al ’99 in Rifondazione Comunista e poi in altri partiti di sinistra extraparlamentare, mi avvicinai ai movimenti territoriali e al M5S” ricorda a ilGiornale.it. “Il M5S era un movimento che diceva né destra né sinistra dal punto di vista partitico perché si era creata una situazione elettorale tripolare. L’idea non era di essere né di destra né di sinistra. Il problema è stato sforzarsi di essere entrambi”, spiega Dessì che appare parzialmente rincuorato dalla scelta del M5S di ricollocarsi nel fronte progressista. Ma si tratta di un’illusione ottica.
“Come si fa a parlare di reddito di cittadinanza quando Draghi spartisce tutto il possibile verso una certa fetta di popolazione? È tutto molto poco credibile”, ci dice ribadendo così tutta la sua distanza dal M5S attuale guidato da Giuseppe Conte di cui era un fedelissimo. “L’ho apprezzato molto nella sua veste di primo ministro perché la sua onestà, la sua sincerità e la sua capacità di mediazione di intraprendere anche delle azioni pragmatiche nella prima fase della pandemia mi aveva molto colpito. Il Conte leader politico, invece, - chiarisce Dessì - mi convince molto meno perché non ne vedo la capacità di proposta, di visione e di imporsi”. E aggiunge: “Lo vedevo bene come un federatore di un campo largo del centrosinistra, mentre lo trovo un po’ schiacciato dagli altri leader del centro e della sinistra. Deve ritrovare un po’ di smalto”.
Il peccato principale è aver spostato l’asse del M5S al centro. “L’Italia, ma direi il mondo politico occidentale, nasce con la contrapposizione tra idee conservatrici e idee socialiste e comuniste, oggi chiamate progressiste e questo proseguirà per sempre. Ho provato a portare queste istanze all’interno del Movimento, ma la maggioranza ha preferito collocarsi al centro”, ci spiega con un certo rammarico. Insomma, il sostegno a questo governo rimane la ragione principale che lo aveva portato a lasciare il M5S. “Questa esperienza parlamentare e questo cambio repentino del mio ex movimento di appartenenza e la sua vicinanza all’area più centrista, più liberale e moderata e, soprattutto l’appoggio al governo Draghi, mi ha riportato a valutare posizioni più ortodosse.
A me le cose moderate e accrocchiate non mi rappresentano”, sottolinea il senatore del Partito Comunista. E chiosa: “Draghi in questo momento ha nelle sue mani ha un potere assoluto che non bisognava dargli. Per il suo presente e per il suo futuro rappresenta un pericolo per le classi deboli”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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