Esattamente due mesi fa, l'11 novembre, aveva affrontato il rompicapo 5 Stelle. David Sassoli era favorevole al loro ingresso nell'eurogruppo del Pd, l'Alleanza dei Socialisti e Democratici, ma non stava bene e non aveva potuto incontrare Enrico Letta, venuto apposta a Bruxelles. Però il presidente del Parlamento europeo si era collegato da remoto e aveva incoraggiato il dialogo, quasi scusandosi alla sua maniera, sempre positiva: «Adesso non ci sono, ma aspettatemi, ritornerò».
Era stato di parola ed era rientrato nelle settimane successive nel cuore degli ingranaggi Ue, per presiedere la seduta plenaria. E in quell'occasione aveva colpito tutti per la sua inquietante magrezza.
David Sassoli se n'è andato a 65 anni, cogliendo il mondo politico di sorpresa, anche se da almeno sei mesi erano noti i suoi problemi di salute, una polmonite perniciosa da legionella che aveva indebolito un fisico già minato negli anni scorsi da un mieloma, un tumore del sangue.
Eppure ha lavorato fino all'ultimo, forse per un presagio, sapendo comunque che il suo mandato, anzi il suo mezzo mandato, sarebbe finito in ogni caso la settimana prossima, come da accordi raggiunti nel 2019, al momento della sua elezione. «La sua ultima preoccupazione - spiega a Sky Tg 24 il suo portavoce Roberto Cuillo - è stata quella che tutto funzionasse nel passaggio delle consegne fra un presidente e l'altro alla prossima plenaria a Strasburgo».
In realtà avrebbe potuto giocarsela ancora, ma aveva intuito che la sabbia nella clessidra si era fatta più fine e si era smarcato.
Troppo presto, sia detto senza retorica, ma in tempo per vivere almeno due vite. La prima, quella del giornalista, è nel suo dna: David nasce nel 1956 a Firenze. Il padre Domenico è un giornalista e intellettuale, vicino a don Milani. La penna e la fede, vissuta negli anni giovanili con la militanza nel movimento Scout, fra Firenze e Roma, la sua città d'adozione. «Era cattolico, molto cattolico - racconta l'ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, oggi eurodeputato - la sua fede si trasformava in passione per gli uomini, per gli ultimi, per i poveri, per i migranti. E questa sensibilità si univa ad una grande capacità comunicativa, all'abilità nel parlare e nel sintetizzare i temi».
Sassoli lavora per il Giorno, poi spicca il salto verso la Rai. Inviato di cronaca al Tg3 nel 1992, poi inviato speciale e conduttore del Tg1, di cui diventa anche vicedirettore, e volto familiare per milioni di italiani. Una carriera prestigiosa e un'esistenza scandita dal metronomo della stabilità: il matrimonio con Alessandra, architetto ed esperta di restauro, conosciuta sui banchi del liceo Virgilio, nella capitale, i figli, Giulio e Livia, il tifo per la Fiorentina, le fughe nel week end a Sutri, sulla Cassia, dove oggi è sindaco Vittorio Sgarbi, per dedicarsi al giardinaggio e alla lettura.
Insomma, un percorso che sarebbe stato un traguardo irraggiungibile per molti e invece Sassoli si lascia tentare dal demone della politica. Nel 2009 viene eletto al Parlamento europeo, nella circoscrizione dell'Italia centrale, con più di 400mila voti, e inizia un'altra storia. Tre mandati, l'ultimo spezzato brutalmente, più il tentativo fallito di conquistare il Campidoglio nel 2013, la vicepresidenza del Parlamento europeo e poi l'ascesa allo scranno più alto, secondo italiano dopo Antonio Tajani su quella poltrona. «La sua candidatura fu espressione corale del gruppo, quasi senza incontrare resistenze - ricorda Pisapia - e la sua elezione, con 345 voti, arrivò anche grazie all'aiuto di alcuni 5 Stelle, in dissenso con le scelte dell'establishment grillino».
Oggi tutti citano il suo discorso di insediamento davanti all'assemblea il 3 luglio 2019: «Il valore della persona e la sua dignità sono il nostro modo per misurare le nostre politiche».
Uno speech in cui c'era il suo io e il suo credo. Ma la sua presidenza non è stata solo una successione di allocuzioni, quasi ornamentale. «Io penso - conclude Pisapia - che David abbia dato un contributo decisivo in almeno due circostanze. Si è speso anzitutto per mettere in moto il Recovery fund e posso dire, per averlo vissuto in prima persona, che il suo apporto è stato determinante: ancora un mese prima del via c'erano Paesi interi contrari, restii ad aprire i cordoni della borsa e a dare miliardi su miliardi ad altri Stati, a cominciare dall'Italia. Lui è stato uno degli artefici di questo cambio di passo, in qualche modo una rivoluzione. E poi si è dato da fare, giorno dopo giorno, per non bloccare il parlamento davanti all'emergenza pandemia». Oggi il voto da remoto è, fra Bruxelles e Strasburgo, una consuetudine, in Italia la corsa al Quirinale è uno slalom fra defezioni e malattie e un balbettio tecnologico.
«Aspettatemi», aveva chiesto ai colleghi, col classico sorriso che rivestiva un carattere risoluto ma non intransigente. Oggi tutti dicono che amasse le mediazioni e rifuggisse i toni estremi. Ma questo non gli impediva di avere posizioni nette, senza quel pendolarismo da operetta di molti politici italiani: ai tempi di Renzi segretario del Pd si era battuto per spostare a sinistra l'asse del partito, sempre nel segno del garantismo e del rispetto per gli ultimi.
L'ingresso dei 5 Stelle, che stanno mercanteggiando qualche carica, non si è concretizzato, invece Sassoli aveva dovuto difendersi da insinuazioni e voci maligne: in un video aveva spiegato che la malattia non era connessa né al Covid e tantomeno al vaccino. Stava crollando ed era stato ricoverato ad Aviano: non ce l'ha fatta a consegnare il testimone a chi verrà dopo di lui.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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