«Sono tutti in buone condizioni». La comunicazione ufficiale sulla salute degli ostaggi liberati ieri chiude l'ennesima giornata fatta di fughe in avanti, frenate e dietrofront, con decine di famiglie che vivono tutto questo col fiato sospeso. Anche se in realtà in serata è stata diffusa la notizia che una delle persone liberate, Alma Avraham di 84 anni, sarebbe stata subito ricoverata in ospedale in condizioni serie.
Tra i 17 ostaggi, 13 dei quali israeliani, che erano nelle mani di Hamas dal 7 ottobre e liberati ieri ci sono anche nove bambini. Tra loro anche Abigail Mor Edan, la bimba israelo-americana di 4 anni i cui genitori sono stati uccisi negli attacchi di Hamas a un kibbutz. Tra i liberati, oltre alla piccola, anche Hagar Brodutch, 40 anni e Ofry Bodutch di 10, i fratellini Yuval Brodutch, 8 anni e Oria Brodutch, 4 anni. Una famiglia quasi al completo: Chen Goldstein-Almog, 49 anni, Agam Goldstein-Almog, 17 anni, Gal Goldstein-Almog, 11 anni e Tal Goldstein-Almog, 9 anni. E poi Aviva Siegal, 62 anni e i fratelli Dafna Elyakim, 15 anni ed Ela Elyakim, di 8. Tra i rilasciati ieri anche tre thailandesi e un cittadino russo-israeliano, Roni Krivoy, 25 anni il cui caso è stato oggetto di trattative dirette tra rappresentanti russi e Hamas, «persuasi» dopo la telefonata di Putin ai leader dell'organizzazione. In cambio, Israele ha scarcerato 39 detenuti palestinesi. Secondo quanto reso noto dall'agenzia palestinese Wafa, sono tutti minorenni, maschi, 21 dei quali di Gerusalemme, uno di Gaza e gli altri della Cisgiordania. Nel primo gruppo di detenuti rilasciati vi erano 24 donne e 15 minori e nel secondo sei donne e 33 minori.
Regge dunque la tregua e continuano gli scambi di prigionieri. E adesso si profila anche un'estensione del cessate il fuoco, che sarebbe dovuto scadere oggi. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, parlando ieri sera al telefono con il presidente Usa Joe Biden, ha riferito che «c'è un piano di intesa che prevede la liberazione di dieci ostaggi per ogni giorno ulteriore di tregua. Tutto ciò è certo positivo». Ma «ho anche detto - ha precisato - che alla fine di quel piano riprenderemo con tutta la forza per conseguire gli obiettivi della guerra».
Secondo fonti vicine ad Hamas, il gruppo sarebbe disposto a prolungare la pace temporanea «da due a quattro giorni» per «garantire il rilascio dai venti ai quaranta prigionieri israeliani», sempre in cambio dei detenuti palestinesi. Il pressing su Israele è portato avanti soprattutto dagli Stati Uniti. Biden ha sottolineato che «l'accordo» tra le parti «sta funzionando» e ha spiegato che il suo obiettivo è «estendere la pausa dei combattimenti». Poi ha telefonato a Netanyahu e i due leader, ha riferito la Casa Bianca, «hanno convenuto che continueranno a lavorare per garantire il rilascio di tutti gli ostaggi».
Netanyahu ieri è entrato a Gaza per visitare le truppe salvo poi lanciare i consueti slogan di guerra: «Continueremo fino alla vittoria, nulla ci fermerà, siamo convinti di avere il potere, la forza, la volontà e la determinazione di ottenere gli obiettivi della guerra e lo faremo». Ma su Bibi è forte il pressing della Casa Bianca. I due leader hanno concordato di rimanere «in stretto contatto».
E migliaia di pacifisti hanno bloccato ieri il ponte di Manhattan a New York per chiedere il cessate al fuoco. Niente di facile, niente di certo. Ma qualcosa si muove e potrebbe muoversi ancora. Cresce la consapevolezza che una tregua, se non la pace vera e propria, possa essere meglio che una guerra senza fine.
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