«La libertà religiosa non è un diritto di serie B, non è una libertà che viene dopo altre o che può essere addirittura dimenticata a beneficio di sedicenti nuove libertà o diritti». È l'affondo di Giorgia Meloni in un incisivo videomessaggio registrato a Palazzo Chigi in occasione della presentazione del Rapporto sulla libertà religiosa 2023 della fondazione Pontificia, Aiuto alla chiesa che soffre (Acs). Per Meloni la libertà di fede è un diritto che «richiede il massimo impegno da parte di tutti, nessuno escluso. L'Italia può e deve dare l'esempio». Il rapporto denuncia che nel mondo il diritto alla piena libertà religiosa non viene rispettato in 1 paese su 3, ovvero in ben 61 nazioni. «L'Africa è il continente più aggredito - si legge -. Cina e Corea del Nord si confermano maglia nera».
La premier ha visto il dramma dei perseguitati «negli occhi di Maria Joseph e Janada Markus, due giovanissime cristiane nigeriane vittime della ferocia dei terroristi di Boko Haram. Le ho incontrate nel giorno della Festa della Donna e sono rimasta senza fiato dal loro coraggio, dalla loro forza, dalla loro dignità». Meloni, appoggiando l'impegno di Acs, ribadisce «che è necessario conoscere dati e numeri, capire in profondità lo scenario nel quale muoversi, avere negli occhi e nel cuore le storie di chi subisce soprusi, persecuzioni e violenze». La mappa presentata dal rapporto è preoccupante: una marea di Paesi colorati in rosso, le zone più calde e altri in arancione dove vige comunque la discriminazione. Fra i 28 Stati in codice rosso c'è l'Arabia Saudita, che vuole strappare a Roma la sede dell'Expo 2030, nonostante le chiese siano proibite e la libertà religiosa in peggioramento. Il totale dei cristiani che vivono in terre di persecuzione è di oltre 307 milioni. «In alcuni casi - spiega il rapporto - sono a rischio estinzione a causa di azioni terroristiche attacchi al patrimonio culturale e misure più subdole come la proliferazione delle leggi anticonversione, la manipolazione delle regole elettorali e le restrizioni finanziarie». In 40 Paesi si registrano omicidi o rapimenti per motivi di fede. In Pakistan continua la piaga dei matrimoni forzati a danno delle giovani cristiane e non solo. «La persecuzione in odio alla fede è complessivamente peggiorata e l'impunità dei persecutori è più diffusa», denuncia Alessandro Monteduro, direttore di Acs. L'impunità è una costante in tutto il mondo e in 36 Paesi gli aggressori sono perseguiti raramente, o addirittura mai.
La comunità internazionale tace, sulla persecuzione e discriminazione dei cristiani, con le potenze come Cina e India. In 12 dei 28 stati indiani il nazionalismo etnico-religioso è riuscito a fare approvare leggi anti conversione che prevedono pene fino a 10 anni. Anche dall'altra parte dell'Oceano stanno emergendo Paesi ad «alti livelli di violazione» come il Nicaragua guidato dal caudillo rosso Daniel Ortega.
«Tacere sulla negazione della libertà religiosa equivale ad esserne complici. Noi non intendiamo farlo», promette Meloni. Sulla stessa linea il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che il 15 giugno ha nominato Davide Dionisi inviato speciale per la promozione della libertà religiosa. E ribadisce che «l'Italia è in prima linea per promuovere l'impegno della comunità internazionale». Il rapporto di Aiuto alla chiesa che soffre stigmatizza pure «i crescenti limiti alla libertà di pensiero, coscienza e religione» dell'Occidente, in paesi come Finlandia, Canada e Regno Unito, dove si sta passando «da un clima di persecuzione educata a una diffusa cultura dell'annullamento».
La premier ricorda nel video messaggio: «Papa Francesco ci ha ammonito sul pericolo di una persecuzione educata travestita di cultura, modernità e progresso, che in nome di un malinteso concetto di inclusione limita la possibilità dei credenti di esprimere le loro convinzioni nell'ambito della vita sociale».
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