Cessate il fuoco in Libia con due dichiarazioni parallele delle parti in lotta, che non sono un accordo definitivo ma un primo passo, seppure la pace sia ancora lontana. L'incognita rimane il generale Khalifa Haftar, l'uomo forte della Cirenaica, che sembra isolato ma non va sottovalutato. Già in passato fragile tregue si sono sciolte come neve al sole. Questa volta, però, il piano caldeggiato dagli Stati Uniti ha ottenuto l'avallo dell'Egitto e un più timido beneplacito russo. Pure i turchi si sarebbero resi conto che non è facile cavalcare la crisi libica. Anche la Germania e una volta tanto l'Italia hanno giocato un ruolo.
Fayez el Serraj, per il governo di Tripoli, e Aguila Saleh, presidente del Parlamento di Tobruk, per l'Est del paese, hanno emesso ieri due comunicati paralleli e simultanei, che coincidono su alcuni punti, a cominciare dall'annuncio di un cessate il fuoco e divergono su altri. «Il raggiungimento di un cessate il fuoco efficace richiede la smilitarizzazione delle aree di Sirte e Jufra», ha sostenuto Sarraj. «Il presidente del Parlamento, Aguila Saleh, ha chiesto a tutte le parti un cessate il fuoco immediato», si legge nella nota di Tobruk. Però non ha parlato di smilitarizzazione di Sirte, ma del controllo della città contesa sulla linea del fronte da parte di una forza di protezione mista delle tre regione libiche (Tripolitania, Fezzan e Cirerenaica). Sulla base aerea di Al Jufra, dove ci sono anche i Mig russi che difendono la Cirenaica di Haftar, «a Tripoli sono disposti a risolvere la questione in un secondo momento», spiega una fonte del Giornale, che conosce il negoziato.
Entrambe le parti hanno chiesto l'espulsione delle forze straniere e dei mercenari dalla Libia. E soprattutto sono d'accordo sulla revoca del blocco della produzione e dell'esportazione del petrolio attuata da Haftar negli ultimi sette mesi. I proventi saranno versati su un conto bancario ad hoc in attesa di un accordo definitivo. Il vero nodo da sciogliere è politico: Al Serraj vuole elezioni presidenziali e parlamentari il prossimo marzo. Saleh non accenna al voto, ma propone che a Sirte si insedi un governo provvisorio guidato da un Consiglio presidenziale «ristretto» con tre rappresentanti delle singole regioni libiche. Altro scoglio è il passaggio di Saleh, caro ad Haftar, sullo smantellamento delle milizie, chiaro riferimento ai gruppi armati che appoggiano Tripoli. Non a caso alcune fazioni estremiste come la milizia guidata da Salah Badi hanno rifiutato qualsiasi cessate il fuoco. «Le trattative sono entrate nel vivo nelle ultime due settimane e l'Italia ha avuto un ruolo assieme alla Germania», conferma una fonte a Tripoli. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha salutato «l'annuncio del cessate il fuoco in Libia» come «un passo importante per il rilancio di un processo politico che favorisca la stabilità del Paese e il benessere della popolazione».
L'Onu ha proposto il piano, ma dietro le quinte ci sono le forti pressioni dello Zio Sam. Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, grande sostenitore di Haftar, ha avallato subito l'annuncio come «un passo importante». Anche Mosca appoggia l'iniziativa. «Turchia e Russia non vogliono scatenare una guerra per Sirte», spiega la fonte del Giornale. A Tripoli alcuni esponenti di primo piano del governo, come il ministro dell'Interno Fathi Bashaga, non si sono ancora pronunciati. Ultimamente Serraj è stato accusato di corruzione e si teme una fronda. Tutti, però, attendono la reazione di Haftar.
Teoricamente Saleh rappresentava il suo braccio politico, ma il presidente del Parlamento di Tobruk si sta muovendo con maggiore autonomia. Il generale, uscito sconfitto dall'assedio di Tripoli, è isolato, anche se conta sempre sulla sua forza militare e sugli Emirati arabi, alleato di ferro.
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